Cosa vedere vicino a Nuoro

Bitti

Bitti è un paese della provincia di Nuoro, nella Barbagia settentrionale. Secondo una leggenda il suo nome deriverebbe da “sa bitta” cioè la cerbiatta, animale che venne ucciso presso una fonte del paese, da un cacciatore. Secondo altre tesi il nome deriverebbe dal latino “victi” cioè vinti.

Nonostante le prime notizie documentarie di Bitti siano romane, il suo territorio è abitato già dal periodo nuragico. Sono infatti numerosissime le testimonianze di questo periodo: pozzi sacri, tombe dei giganti, numerosi nuraghi e lo splendido “Su Romanzesu” un villaggio dove sono ancora visibili edifici di culto, il pozzo sacro e altre strutture, anche di epoca romana.

Dopo i romani, a cui seguirono i bizantini, la villa di Bitti entrò a far parte del giudicato di Torres e poi a quello di Gallura. Il malcontento della popolazione locale e l’astio tra bittesi, nonostante il cambio dei vari signorotti tra cui i pisani, diventava man mano maggiore e nemmeno l’arrivo degli aragonesi nel 1323 riuscì a risolvere la situazione. Passata in seguito agli arborensi, nel 1430 Bitti entra a far parte del marchesato d’Orani. Come nella maggior parte dei paesi in quel periodo, sono numerosi i soprusi e le tasse che il popolo deve sopportare e non mancano le proteste e i tentativi di rivolta. Finalmente sciolta da vincoli feudali, Bitti entra a far parte nel dipartimento di Nuoro(in seguito provincia).

Bitti, è circondato da un territorio strepitoso, montagne impervie ricchissime di vegetazione, laghetti, sorgenti e canali scavati nel granito, dove scorre acqua limpida, che danno origine a cascate. Questo territorio è dimora di gatti selvatici (animali notturni e quindi difficili da vedere), falchi pellegrini, volpi, cinghiali, poiane, della stupenda aquila reale e di moltissime altre specie. Il centro abitato è un tutto un intrinsecarsi di salite e discese dove ogni angolo è un piccolo pezzo di una storia lontana. Antichi palazzetti, chiese, come la Chiesa delle Grazie del XVII sec. famosa per il suo altare, e tipiche case barbaricine che rendono l’idea del ricco passato storico di Bitti, paese di granito, patria dei famosi Tenores di Bitti e del loro canto, patrimonio dell’umanità.

Cosa vedere a Bitti

Bitti ha un bel centro storico, costruito in granito, dove il visitatore potrà notare alcune antiche case in stile barbaricino. Sono due i musei: quello Multimediale del Canto a Tenores e quello della Civiltà Pastorale e Contadina. Le chiese, sia antiche che recenti sono più di venti. A circa 13 Km dal paese, immerso nell’altopiano granitico, si trova “Su Romanzesu”: un complesso cultuale-abitativo del periodo nuragico. Di questo sito, sono ben visibili i templi, il recinto sacro, la struttura cerimoniale e una decina di capanne. Il sito archeologico è gestito dalla Coop Istelai. Gli amanti della natura, possono fare un’escursione nella bella foresta demaniale di Sos Littos-Sas Tumbas, importante per la flora e la fauna presente.

Bortigali

Bortigali è un piccolo paese del Marghine in provincia di Nuoro. Si trova ai piedi del Monte Santu Padre, dalla cui vetta si può ammirare uno spettacolare panorama che spazia dal mare di Bosa e Oristano, ai monti del Gennargentu a quelli del Sulcis, a quelli delle Baronie e alle colline del Logudoro. Secondo la tradizione a formare Bortigali, furono sette famiglie superstiti di un insediamento punico-romano. La cosa certa è che durante il periodo medioevale il paese fece parte prima del giudicato di Torres e poi di quello di Arborea, fino alla Battaglia di Sanluri, dopo la quale passò al Visconte di Narbona. Questi lo mantenne fino al 1420, quando rinunciò ai propri diritti e il villaggio entrò a far parte del Regnum Sardiniae, Un anno dopo divenne feudo dei Centelles che a sua volta lo cedettero (1439) ai Cubello come indennizzo per una mancata dote. Dopo varie vicissitudini e passaggi, Bortigali passò ai Borgia (1591), che rinnovarono l’amministrazione: aumentando il potere feudatario e quello delle famiglie notabili locali, che regnavano iniquamente in modo clientelare. Quando si estinse la famiglia dei Borgia, nel 1740, il paese entrò a far parte del marchesato del Marghine.

Gli abitanti di Bortigali sempre più vessati, non resistettero e nel 1795 presero parte ai moti antifeudali. Furono sciolti totalmente dai vincoli nel 1843. alla fine dell’800 il paese ebbe un grosso sviluppo commerciale, ma nel secondo dopo guerra l’economia territoriale ebbe una crisi e il paese vide una grossa perdita demografica.

Curiosità

Fu proprio a Bortigali che nacque durante la II guerra mondiale la prima radio libera in Italia ed è stata la prima radio al mondo ad annunciare, il 7 maggio 1945, la fine del conflitto (Per Info clicca qui).

Da vedere

Numerose sono le bellezze di Bortigali, innanzitutto il suo territorio, che è possibile visitare grazie ai percorsi naturalistici, tra i quali il “Sentiero Natura” e il “Bortigali-Santu Padre”, fino a raggiungere la vetta del monte (meta assai gradita per chi fa parapendio) da dove si può godere di un panorama mozzafiato e ammirare i grifoni. Vicino al paese(attraverso il sentiero Natura), si raggiunge la piccola frazione di Mulargia, circondata da un’incantevole vegetazione. Poco lontano si possono ammirare due grandi nuraghi: il Meuddu o Miuddu, un nuraghe quadrilobato con una grande camera a tholos e Aidu Entos (purtroppo quasi distrutto), che ha sull’architrave un’iscrizione (forse un’indicazione di confine tra popolazioni) forse in scrittura nuragica. Tra gli altri nuraghi (sono circa una quarantina, anche se non tutti in buone condizioni), sicuramente il più importante è l’Orolo. Abbiamo poi la tomba dei giganti di San Giovanni, una decina di domus de Janas e due dolmen. Passeggiando tra le strette stradine selciate del centro storico si trovano delle piccole perle come i portali in stile catalano-aragonesi e i palazzetti dei primi del ‘900. tra le chiese, riveste grande importanza Santa Maria degli Angeli in stile tardo gotico. Dal 2012 il paese fa parte dell’associazione “Borghi Autentici d’Italia”.

Cala Gonone

Cala Gonone è una piccola località di mare a Dorgali, in provincia di Nuoro, ricca di bellezze naturalistiche. Nata nella seconda metà dell’800, con l’arrivo di alcuni nuclei di pescatori ponzesi, è oggi una meta turistica molto ambita per il suo splendido mare e per la natura incontaminata che la circonda. A Cala Gonone si trovano numerose cale di splendida bellezza come Cala Luna, Cala Sisine, Cala Goloritze, Cala Fuili. Qui si trova anche la famosa, anche a livello internazionale, Grotta del Bue Marino, considerata come uno degli ultimi rifugi della foca monaca, ormai praticamente estinta. La Grotta è anche molto suggestiva perché il calcare di cui è composta crea dei bellissimi effetti sull’acqua. Il territorio di Cala Gonone è ricco anche di siti archeologici come il Nuraghe Mannu e Su Nuragheddu. Una visita in questa bella località, può così servire non solo per godere di uno splendido mare, ma anche per conoscere l’antica cultura della Sardegna.

Dorgali

Dorgali è un grosso centro della provincia di Nuoro, il suo territorio comprende anche la grossa frazione balneare di Cala Gonone, molto famosa dal punto di vista turistico e paesaggistico. Dorgali è un centro che ha origini bizantine, ma la zona fu abitata dal periodo nuragico, dove sono numerosissimi i siti archeologici che fanno riferimento a questo periodo, tra tutti, quello più importante e meglio conservato e quello di Serra Orrios, a pochi km dall’attuale centro abitato. Durante il medioevo era compreso nella curatoria di Galtellì, ma dopo la caduta dei Visconti di Gallura, fu amministrato direttamente da Pisa. Passò in seguito, come accadde per tutti i paesi sardi, in diverse mani, ma i padroni non furono mi accettati dalla popolazione.

Nel 1808 il paese passò direttamente sotto il potere regio, ma i malcontenti non cessarono a causa del delitto delle chiudende, che colpivano non poco i pastori, visto che l’allevamento era allora come oggi la maggiore fonte di sostentamento del paese. Anche la viticoltura ha una grossa importanza, questa è infatti la patria del cannonau, il vino rosso e corposo che si adatta perfettamente alle carni rosse. La viticultura è favorita dai tratti alluvionali che formano il territorio dorgalese, che comprende anche un allineamento di rilievi calcarei che lo separano dal mare, che comunque si raggiunge facilmente grazie a una galleria.

Il centro storico del paese è caratterizzato dagli antichi palazzetti a più piani costruiti in basalto. Ne risulta una serie di viuzze scure che rendono veramente caratteristico questo paese. Numerosissime le chiesette campestri, come la Madonna del Carmelo, da cui si gode di un panorama stupendo su tutte le vallate circostanti. Del territorio di Dorgali, fanno parte anche alcuni tra i luoghi di interesse ambientale a livello internazionale come la Gola di Su Gorroppu e la grotta di Ispinigoli nel cui centro si trova una colonna costituita da un’unica stalattite, la più grande d’Europa, di 40 metri.

Galtellì

“…Ed ecco il cono del monte verde e bianco del monte Galte solcato da ombre e da strisce di sole, e ai suoi piedi il paese..”

Così la Deledda descriveva il paese di Galtellì nel suo “Canne al Vento”, scritto durante un suo soggiorno in questo stupendo paese della Baronia, dove il tempo sembra essersi fermato al medioevo quando aveva un ruolo centrale nella zona poiché era sede della diocesi e capoluogo della curatoria. Galtellì faceva parte del Giudicato di Gallura, poi passò sotto il dominio di Pisa e dopo varie vicissitudini a quello di Arborea; durante questo lungo periodo il castello fu espugnato varie volte e il paese scivolò in rapida rovina.

Quando nel XV sec, perse il suo ruolo militare, entrò a fare parte del grande feudo dei Guiso, antica e nobile famiglia della zona che cercò di cambiare l’inesorabile caduta del paese, ricostruendo le fortificazioni, cercando di convincere gli abitanti a non abbandonarlo e chiedendo ai pastori della zona di stabilirsi nel villaggio. Purtroppo le sue buone intenzioni non ebbero frutti e il paese continuò a cadere in rovina, sopratutto dopo la morte di salvatore Guiso, quando i suoi eredi iniziarono una lotta per accaparrasi il potere del feudo. Con l’estinzione dei Guiso, fu la famiglia Manca a subentrare nel possesso;la loro cattiva gestione e le pressioni fiscali, portarono a un grave malcontento della popolazione, sopratutto quando la famiglia Manca tentò di negare l’utilizzo dei terreni demaniali. Solo con l’istituzione del Consiglio comunitativo, la popolazione ebbe una minima speranza di liberarsi dal potere feudale e con l’estinzione dei Manca sembrò che la cosa fosse possibile, ma si oppose l’ultima rappresentante della famiglia e alla fine Galtellì passò ai suoi eredi, gli Amat, per un breve periodo, fino a quando nel 1808 il paese si liberò dai vincoli feudali ed entrò a far parte del comune di Nuoro. Galtellì o “Gartelli”, in sardo, è un paese circondato da una natura stupenda ai piedi del monte Tuttavista, dove si possono ammirare delle bellissime euforbie e dalla cima del quale, si gode di una vista che spazia sulla vallata del fiume Cedrino. Grazie alla presenza di questo corso d’acqua, che rende la zona fertile, il territorio è stato abitato in maniera continuativa fin dall’epoca prenuragica.

Sono numerosi i siti archeologici: nuraghi, tombe dei giganti e domus de janas, una di queste ben visibile all’interno del paese, di fronte il castello.

Il centro storico è composta da case in calce bianca, tipiche della Baronia e vicoli medioevali dove si possono vedere delle bellissime case con i giardini ben curati e le numerose chiese del paese, tra le quali la principale e quella del Santissimo Crocifisso, attorno al quale si trovane le abitazioni più tipiche. Nel paese si trova anche la casa dove il premio nobel Grazia Deledda, scrisse il già citato “ Canne al vento”, oggi un museo e parte del Parco letterario dedicato alla scrittrice.

Irgoli

Irgoli, in sardo Irgòli è un comune della provincia di Nuoro, nella regione storica di Orosei (curatoria del Giudicato di Gallura).

Il territorio, che è compreso tra la pianura del fiume Cedrino e una piccola catena di monti, fu abitato fin dall’epoca preistorica. Di questo periodo restano numerosi reperti, tra cui menhir e domus de janas, le più importanti delle quali sono quelle di “Sa Conca ‘e Mortu”, decorate con incisioni simili a teschi. Dell’epoca nuragica vi sono anche i resti di molti nuraghi (Aranzu, Chervia, Norcoe, Sos Nugoresos, sono solo alcuni di essi), e alcune tombe di giganti. Se il territorio fu abitato fin dall’epoca prenuragica, il paese, vero e proprio è di epoca romana, era infatti una “stazio” sulla strada che portava da “Tibula” a “Carales” (del periodo rimangono i resti del villaggio di Dorimannu). Durante il medioevo, essendo al confine tra Giudicato di Gallura, a cui apparteneva e a quello di Torres, fu al centro delle contese per i confini giudicali. Estinti i Visconti, fu conteso tra pisani, i Doria e gli Arborea.

Durante la conquista aragonese, Irgoli apparteneva ai Doria, che si ribellarono e nel 1325 scoppiò la guerra che portò alla rovina il paese, che cominciò a decadere. Nonostante si cercò di portare pace nel paese, sotto i diversi feudatari, nella popolazione ardeva sempre una piccola, ma mai spenta fiamma di ribellione. Solo nel 1838 Irgoli riuscì a riscattarsi dai suoi ultimi padroni, i De Silva Fernandez. Il paese, entrò a far parte della provincia di Nuoro, ma non trovò comunque la stabilità, nei secoli successivi infatti Irgoli fu teatro delle lotte per il controllo dei pascoli, da parte dei pastori della zona. Anche oggi il paese, dove oramai non ci siano più faide, vive di pastorizia e allevamento, famosissimi e di ottima qualità gli insaccati prodotti nella zona. Sviluppata anche l’agricoltura, sopratutto olivicoltura e viticoltura e la produzione del miele. Il paese, inserito in un contesto ambientale molto bello ha mantenuto nel centro storico l’assetto di paesi delle zone sarde di collina. Il centro, inoltre, è abbellito da preziosi murales, che raccontano di vita quotidiana, di tradizioni o semplicemente ritraggono uomini e donne con uno sguardo fiero e orgoglioso.

Loculi

Il comune di Loculi, Locùla in sardo, è situato nella regione storica della baronia di Orosei, in provincia di Nuoro. Il suo toponimo deriverebbe dal latino “Locus”, cioè bosco sacro. Situato nella piana alluvionale del Cedrino, il territorio di Loculi, fertilissimo, fu abitato fin dal periodo preistorico, mentre il paese, è di origini medioevali; appartenente al Giudicato di Gallura, passò successivamente sotto il controllo diretto del Comune di Pisa e in seguito alla conquista aragonese, divenne parte del “Regnum Sardinie”. Concesso in feudo alla famiglia Torrents, mal vista dagli abitanti del villaggio, rimase nelle loro mani, fino alla loro estinzione nonostante dopo la guerra tra Genova e Aragona il paese andò distrutto. Morto l’ultimo dei Torrents, il feudo fu ereditato dalla moglie, ma poiché il paese era in una posizione cruciale e quindi spesso soggetto ad attacchi nemici, fu deciso di farlo amministrare da un altro feudatario, dando un vitalizio alla vedova Torrents.

Loculi passò in varie mani, fino alla battaglia di Sanluri, quando fu dato ai Narbona e in seguito agli aragonesi, talmente odiati dalla popolazione, che Loculi fu acquistato dalla famiglia Guiso, entrando a far parte del suo grande feudo che comprendeva anche Orosei e Galtellì. Salvatore Guiso pacificò il territorio, ma il paese ormai era praticamente disabitato e solo alla fine del ‘400 si ebbe una ripresa demografica. Quando il feudo, dai Guiso passò ai Manca, il malcontento popolare crebbe, a causa dei feudatari, che facevano amministrare il villaggio da ricche famiglie locali che facevano i propri interessi, in oltre Loculi era diventato il rifugio di molti banditi (spesso appoggiati dai possidenti) quindi la popolazione non si sentiva sicura. Le tensioni tra la popolazione iniziarono a calmarsi solo dopo il 1770, quando grazie al Consiglio comunitativo, le prepotenze dei feudatari furono arginate. Fu solo con l’abolizione dei feudi e l’inclusione nella provincia di Nuoro, che il villaggio cominciò a riprendersi.

Oggi come allora il paese vive di agricoltura e pastorizia e i momenti di vita agreste si possono anche apprezzare nei murales che decorano il paese, grazie ai quali si possono conoscere tradizioni, lotte, momenti quotidiani e anche storici della Sardegna.

Lodè

Lodè, nella valle del monte Albo, è un comune della provincia di Nuoro, nella regione storica di Posada. Conosciuto in passato come Villa de Lodte o Locte, è nato probabilmente dall’unione di tre villaggi: Oriannele, Sos Lothos e Thilameddu. La leggenda narra che l’abitato fu fondato da un capraio conosciuto come Lodde, che abitava o a sos Lothos o a Thilameddu. Quando in un passato remoto, questi paesi furono colpiti dal’invasione della “musca macchedda”, cioè la mosca assassina, che distrusse il paese, solo il giovane Lodde e la famiglia si salvò e costruì la sua nuova casa dove ora sorge il centro abitato.

Il paese che conosciamo oggi è di origini medioevali, faceva infatti parte del giudicato di Gallura, ma innumerevoli, sono nel territorio, le testimonianze nuragiche e prenuragiche, come tombe dei giganti, domus de Janas ad es: “ sas calas ‘e sos naneddos” e nuraghi. Con l’estinzione dei Visconti il paese, passò alla famiglia Serra, a cui era stato dato il potere.

La popolazione fu comunque sempre ostile e persero il controllo di Lodè con la guerra tra i Doria e gli Aragona. Oltre ad essere sottoposti a signorotti che facevano i propri interessi, come i Carroz, i Narbona, Gerolamo Clemente e i Portugues, il paese dovette convivere, nonostante la sua posizione territoriale, con le invasioni corsare che lo terrorizzarono per centinaia di anni e che nessun feudatario riusci ad arginare. Con l’estinzione dei Masons, che fecero amministrare il feudo da un regidor, il paese restò sotto il controllo dei Nin fino al 1839, anno di estinzione del feudo. Percorrendo una una strada provinciale di una spettacolarità rara, antico itinerario della transumanza, si arriva al paese di Lodè, ricco di fonti anche nel centro abitato, che nella parte antica a mantenuto le caratteristiche medioevali.

Suggestivi e pieni di fascino sono i vicoli antichi in ciottolato: le tipiche case della zona, in stile barbaricino, con le piccole porte e i loro gradini che portano all’interno, più basso rispetto alla strada, resistono al passare degli anni come se volessero ricordare al visitatore la storia di Lodè, sopravvissuta alle incursioni barbaresche, ai vari signorotti e al tempo,circondata da splendide campagne che furono abitate da famosi banditi, che qui avevano il loro regno, tra questi sicuramente il più famoso è Muzzu Boe, tanto spietato quanto religioso, che visse nel XIX sec. Un angolo di Sardegna, quella di Lodè, poco nota e per questo forse più affascinante, per conoscere le immense bellezze di questa isola.

Lula

Lula è un piccolo paese della provincia di Nuoro, situato alle falde del monte Albo, un altopiano calcareo che vanta la presenza di numerose specie endemiche. Il paese è di origine medioevale, apparteneva infatti al giudicato di Gallura. Con l’estinzione dei Visconti il paese passò direttamente sotto il controllo pisano, per poi passare a vari signorotti: Pietro Torrents, Bartolo Catoni, il visconte di Narbona e dopo varie vicissitudini l’intero feudo a cui apparteneva Lula fu acquistato da Salvatore Guiso.

Nel 1590 passò alla famiglia Manca. Nel XVII sec il paese fu vessato da alcune famiglie di maggiorenti che facevano capo al feudatario, le tensioni divennero sempre più forti e il malcontento aumentò. Nel territorio trovarono rifugio molti banditi e divenne così pericoloso che i baracelli non vollero più controllare i seminati. Con l’estinzione dei Manca il paese si liberò dai signorotti, poiché non fu più infeudato, fino ad arrivare al 1821, quando entrò a far parte della provincia di Nuoro. Numerosi sono i motivi per visitare questo paese: lo stupendo territorio circostante e in particolar modo le punte di Turuddò e Catirina, a cui si arriva tramite un sentiero che parte da paese e dove si possono incontrare animali rari. Il territorio che circonda il paese è ricco anche di villaggi nuragici come Punta Casteddu, il nuraghe Litu Ertiches, alcune tombe dei giganti, domus de janas e alcuni siti di archeologia industriale come la miniera di Sos Enattos che fa parte del Parco Geominerario, attiva già dal periodo romano.

Mamoiada

Mamoiada è un comune della provincia di Nuoro, nella Barbagia di Ollolai; si trova nelle propaggini settentrionali del Gennargentu, in un territorio collinare adibito a pascolo. Nonostante il territorio fosse abitato fin dal periodo nuragico, il paese vero e proprio è di origine medioevale, faceva infatti parte del giudicato di Arborea. Con la caduta del giudicato entrò a far parte del Regnum Sardiniae per poi appartenere alla famiglia del marchese di Oristano. In seguito passò in varie mani e come tutti i territori della Barbagia di Ollolai, dopo una lunga lite giudiziaria per la successione, passò al ducato di Mandas.

I rapporti tra gli abitanti, fortemente autonomi, e i vari signorotti non furono mai facili e le tensioni si fecero sempre più forti poiché con il passare degli anni l’autonomia della comunità mamoiadina fu sempre minore. Nel 1838 il paese fu libero dai vincoli feudali; nel frattempo, per dare una spinta all’emancipazione sociale, furono istituiti il consiglio comunitativo e il monte granatico.

Entrò in seguito a far parte della provincia di Nuoro a cui ancora oggi appartiene. Sono numerosissimi i motivi per visitare Mamoiada, in primis il meraviglioso territorio circostante, ricco non solo di bellezze naturali, ma anche di archeologia: numerose le “Domus de Janas”, come quella di Concheddas de Istevene, Orgorù e S’Ereduda; sono presenti anche vari “menhir”, tra cui quello gigantesco di Nostra Signora di Loreto e ovviamente numerosissimi i nuraghe, solo per ricordarne alcuni il Mucru, il Lidana e il Torotha. Le bellezze si trovano anche nel paese, che ha mantenuto in alcune zone l’impianto antico con le tipiche case barbaricine in pietra. Ma Mamoiada è sopratutto tradizioni e in particolare quelle del Carnevale e delle maschere, che ha reso famoso il paese internazionalmente.

Da vedere

Mamoiada, situata in un incantevole territorio ricco di sorgenti, ha numerose bellezze, come i menhir, tra questi, forse il più eccezionale è “Sa Perda Pintà”: una stele con cerchi concentrici istoriati e altri motivi che lo fanno avvicinare a quelli che si trovano in Irlanda, Scozia, Francia e America.

Nel territorio mamoiadino si trovano tra i più grandi menhir della Sardegna, tra questi quello di Buscuddui (alto più di 6 m.) e quello di Firuli. In passato ve n’erano così tanti che una località vicino al paese si chiama “Perdas Longas”, cioè pietre lunghe, dalle numerose stele che vi erano presenti. Si possono ammirare anche alcune necropoli e domus de janas (Concheddas ‘e Istevene,Orgorù, S’Ereduda) e poi, non mancano ovviamente i nuraghi, una decina in tutto, tra cui il Mucru, il Lidana e il Torotha. Il paese, nel suo centro storico, ha mantenuto, l’antico impianto urbanistico con le tipiche case in pietra, di un certo interesse anche la Chiesa di Loreto (XVII sec) e il Santuario dei SS Cosma e Damiano.

Una tappa al Museo delle Maschere Mediterranee sarà certo utile per conoscere le tradizioni mamoiadine e barbaricine, che raggiungono il loro massimo splendore durante il Carnevale.

Ollolai

Ollolai è un paese della Barbagia, sulle cime del Gennargentu, in un territorio ricco di testimonianze nuragiche e prenuragiche. Secondo la tradizione il villaggio è di origini antichissime e vi sono varie ipotesi sulla sua fondazione, una di queste racconta che Ollolai derivi dal re di Tebe Ilao che cacciato da Ercole si rifugiò in Sardegna; un’altra dice sia stato la capitale delle Civitates Barbaries, cioè la capitale dalla quale i barbaricini organizzavano la resistenza contro i romani e in seguito diventò la sede di Ospitone (capo dei sardi barbaricini, vissuto nel VI sec.).

L’onore di essere la sede di Ospitone è contesa tra vari paesi della Barbagia, lasciando quindi da parte le leggende si sa per certo che il paese è di origini altomedioevali e faceva parte del giudicato di Arborea. Gli abitanti, tutti pastori, in caso di necessità diventavano l’esercito del giudice e quando cadde il giudicato e il territorio passò agli Aragonesi, la popolazione si mantenne ostile ai nuovi padroni. In seguito furono diverse le famiglie che si susseguirono al comando di questo territorio tutte odiate allo stesso modo: i Deana, i Cubello, i De Mur, i Maza de Licana, i Ladron, gli Hurtado de Mendoza, i Zuniga i Piementel e infine i Tellez Giron dai quali il feudo di Ollolai fu riscattato nel 1839. Il centro del paese racconta ancora questo passato con le sue tipiche case barbaricine a due piani costruite in pietra e la chiesa di San Bartolomeo in stile gotico-catalano, costruita nel XVI sec. Anche il territorio circostante Ollolai è ricchissimo, oltre che di bellezze naturali, di storia: si possono infatti visitare alcuni nuraghi tra cui il Loai, il Torota e il Muthigu e il Parco Archeologico di San Basilio dove si trovano ripari sotto roccia e tombe in tafano, qui, a poca distanza dalla chiesa campestre si può godere di uno splendido panorama da quella che viene chiamata la finestra della Sardegna: Punta S’Acusorgiu.

Olzai

Olzai, è un comune della provincia di Nuoro, nella Barbagia di Ollolai, situato sui pendio settentrionale del Gennargentu. Le numerose testimonianze archeologiche, come il complesso pre-nuragico di “S’Ena ‘e Sa Vacca” e i vari nuraghi (tra cui il Puddu), dimostrano la continuità dell’insediamento umano nel territorio di Olzai, nonostante il villaggio vero e proprio, sia di origini medioevali. Gli abitanti, orgogliosi della propria autonomia avevano un rapporto privilegiato con i Giudici di Arborea che avevano questi territori. Così, con la caduta del giudicato, il popolo restò ostile con tutte le numerose famiglie che si susseguirono alla guida del feudo. Le cose andarono sempre peggio con l’aumento del carico fiscale voluto dalla famiglia Ladron nel ‘600. In seguito, nel XVII sec, oltre ai problemi con il feudatario di turno, a minare la tranquillità del villaggio, ci si misero le faide tra famiglie, che provocarono la decadenza di Olzai. Dopo essere passato anche ai Zuniga, ai Pimentel e ai Tellez Giron, il feudo fu riscattato nel 1839, per poi entrare definitivamente a far parte della provincia di Nuoro nel 1927.

Il paese, nel suo centro storico, conserva ancora le caratteristiche case a più piani in granito, che si affacciano su viuzze strette anch’esse tipiche della Barbagia. Numerose le belle chiese di impianto storico, come quella di San Giovanni Battista, che conserva dei preziosi trittici del Maestro di Olzai; in prossimità del paese si trovano le rovine del castello di Gulana, una fortezza probabilmente bizantina di cui oggi resta poco, ma che vale la pena visitare, visto la splendida cornice naturale in cui si trova. Olzai, fa parte della rete “Borghi Autentici d’Italia” un associazione che promuove un modello di sviluppo locale più equo e rispettoso delle tradizioni.

Onifai

Onifai o in sardo Oniai, è un paese della Baronia, in provincia di Nuoro, situato nella bassa valle del Cedrino. Il suo territorio è pianeggiante e ricco di sorgenti d’acqua a sud, mentre a nord è prevalentemente collinare. La peculiarità del territorio, ha fatto si che fosse abitato dai tempi nuragici, anche se l’abitato vero e proprio è di origine medioevale. Come molti altri della zona faceva parte del Giudicato di Gallura quindi dei Visconti, con l’estinzione della famiglia, prima venne amministrato dai pisani, in seguito dagli aragonesi, gli abitanti non accettarono i nuovi arrivati, che cedettero il paese a un nobile sardo schieratosi con loro, Lorenzo de Cori. Ben accetto dai paesani, de Cori e la sua famiglia mantennero il potere a Onifai fino allo scoppio della guerra tra Aragona e Arborea, quando questi ultimi ne presero il controllo. Caduto il giudicato, il paese passò in varie mani seguendo la sorte di tutti i villaggi vicini. Essendo entrato a far parte, nel 1432, del feudo di Orosei, fu ceduto come tutti gli altri villaggi compresi in esso, a Salvatore Guiso e alla sua famiglia che vi mantenne il potere per circa un secolo e mezzo. Passò in seguito ai Manca-Guiso, i quali erano odiati dalla popolazione, non solo per le pressioni fiscali, ma per il fatto che avevano dato il potere amministrativo ad alcuni nobili della zona che governavano facendo favoritismi e creando faide tra le varie famiglie abbienti. I Guiso Manca, mantennero il potere nel paese fino alla loro estinzione nel 1788, venti anni dopo Onifai era considerato libero da vincoli feudali ed entrò a fa parte della provincia di Nuoro.

Il centro storico del paese, mantiene ancora il suo impianto architettonico medioevale con le sue antiche case in pietra e la chiesa di San Giorgio attorno alla quale nacque il paese, che oggi come allora, vive prevalentemente di agricoltura e allevamento. Un paese da visitare non solo per vederne il centro, ma anche o forse sopratutto per la meravigliosa natura che lo circonda, rigogliosa e verde. Dalle stradine che portano in collina dove si trovano le rovine di alcuni nuraghi, come il nuraghe Osana, si può assistere a un affascinante panorama sulla valle attorno al paese.

Orani

Orani è un paese della provincia di Nuoro. E’ un territorio ricco di testimonianze archeologiche prenuragiche e nuragiche, a pochi km dal paese si può ammirare infatti il complesso di Ligula. La zona, fu abitata ininterrottamente fino all’età romana, l’odierno paese deriverebbe da quello romano di Oddini, che nel medio evo si fuse con alcuni villaggi vicini. In questo periodo fu conteso sia dai Doria che dagli Arborea, ma alla fine la spuntarono i giudici di Gallura, che lo annessero ai loro possedimenti. Estinti i Visconti, Orani passò a varie famiglie feudatarie, ma l’atteggiamento della popolazione nei confronti dei signori che si avvicendarono fu praticamente sempre lo stesso: caratterizzato dall’ostilità dovuta ai tributi e alle vessazioni subite.

Questo atteggiamento continuò fino al 1821 quando, libero dal vincolo feudale, Orani fu incluso nella provincia di Nuoro. Sono numerosi i motivi per visitare questo splendido paese, innanzitutto il suo territorio: ci troviamo infatti sul Gennargentu, nei pressi del monte Gonare; sorgenti d’acque minerali sono in due diverse zone del paese, in quella detta “Bangios Mannos” (bagni grandi) si possono ancora vedere le tracce dell’impianto romano. All’ingresso del paese, si trovano i ruderi della chiesa di S. Andrea: è qui che si pensa trovarsi il nucleo originario di Orani; si possono ammirare altre belle costruzioni sia di carattere religioso che civile, molti delle quali arricchite da splendidi murales; ma non bisogna dimenticare che qui siamo nel paese natale di Costantino Nivola, grande scultore di fama internazionale, scomparso nel 1988.

Una visita al Museo a lui dedicato è d’obbligo per ammirare i lavori dell’artista che ha reso, grazie alla sua arte, così radicata nella sua terra, questo paese famoso nel mondo.

Orgosolo

Orgosolo, paese simbolo della Barbagia, è immerso nei fantastici paesaggi del Supramonte. Le prime tracce di insediamenti nel territorio orgolese sono di circa 5.000 anni fa, neolitico medio. Tutt’oggi in mezzo ai rigogliosi boschi si possono trovare i resti di capanne che dimostrano che erano insediamenti stabili, questo, grazie alla ricchezza della cacciagione e alla pescosità dei corsi d’acqua, che ne facevano un ambiente ottimale per la stanzialità. Sono circa 200 le domus de janas, le tombe dei giganti, i nuraghi che impreziosiscono questo territorio ai piedi del monte Lisorgoni, ricco di sorgenti, che secondo alcuni studiosi sono l’origine del nome, dal paleosardo “Orgosa”, zona umida, ricca d’acqua. Gente caparbia e contro ogni padrone, diede una lezione di astuzia sia contro i cartaginesi che contro i romani, durante i tentativi di occupazione di questo territorio e mai, nonostante svariati sforzi, si riuscì a raggiungere una pace.

Quando arrivarono i primi missionari, non furono accettati dalla popolazione, che adorava le divinità della natura e solo nel VI sec. si convertirono. Del periodo romano rimangono tracce in molti termini della lingua, di chiara radice latina. In età Giudicale, Orgosolo passa sotto gli Arborea e in seguito sotto il dominio di catalani e spagnoli, feudatari che sfruttavano e umiliavano queste genti, che fino ad allora utilizzavano il territorio in comunità e non vi erano padroni. Sono proprio di questo periodo i primi fenomeni di quella resistenza,che sfocerà nel Banditismo. Chi non poteva pagare le tasse che rimpinguavano gli avidi feudatari si dava alla macchia e per difendere le famiglie spesso commettevano degli atti, forse sbagliati, che gli valsero l’accusa di “Bandidos” e furono dichiarati fuori legge.

Il problema del banditismo, non fu mai visto come problema di insoddisfazione sociale, ma solo come un delitto e per questo mai capito e sempre punito. Non vi fu periodo storico in cui gli orgolesi cedettero ai padroni, all’idea di non avere il diritto di pascolo libero, e così anche sotto la dominazione dei savoia furono perseguitati e furono sconfitti solo da arresti e latitanze lunghissime, ma mai abbassarono la testa. Esempio di questa forza di carattere, dell’unione della comunità fu “la rivolta di Pratobello” del giugno 1969. Sui muri di Orgosolo, erano apparsi dei manifesti in cui si diceva ai pastori e ai braccianti agricoli di abbandonare le zone di pratobello e trasferirsi altrove, perché lì per 2 mesi ci sarebbe stato un poligono da tiro. La cosa non finì qui, perché si scoprì quel poligono sarebbe stato permanente.

La popolazione Orgolese occupò i campi, 3500 tra donne, uomini e bambini che erano lì per fare in modo che 13.000 ettari di terreno gli venissero tolti. Fu un mese pieno di concitazione, alla fine si arrivò a un accordo anche se a testa alta ne uscirono solo i pastori e non di certo i sindacati e i partiti. Durante l’occupazione di Pratobello si contestava anche affiggendo manifesti con su scritto “concimi e non proiettili”, e attraverso il muralismo, che è un fenomeno che a Orgosolo nasce negli anni delle contestazioni ed è un progetto che è stato portato avanti da un gruppo teatrale anarchico chiamato Dioniso, che crea il primo “Murales”. Ma è il 1975 che ha inizio l’abbellimento di muri spogli, con opere di carattere sociale, culturale, quotidiano, per mano del professor Francesco del Casino e dei suoi studenti con in seguito l’aiuto di Pasquale Buesca. Si trovano dipinti sullo sfruttamento, sulle guerre, sui politici, sui pastori e anche scene di vita quotidiana. Orgosolo oggi è conosciuta nel mondo per i suoi murales, circa 150 opere d’arte all’aperto che ti accompagnano lungo le strette stradine del paese e ti raccontano la storia e la lotta di una popolazione che mai ha voluto padroni.

Orosei

Orosei, comune della provincia di Nuoro, è circondato da uno stupendo territorio che va dalla costa con 18 Km di spiagge verso l’entroterra dove scorre il fiume Cedrino, fino ad arrivare alla zona collinare, dalla cui punta maggiore, Monte Tuttavista, dove si gode di un superbo panorama.

Il territorio, fu abitato già dall’epoca prenuragica in maniera continuativa fino a oggi. Il luogo dove sorge l’attuale abitato di Orosei è quello del Fanum Carisii, che in epoca alto medioevale era compreso nella curatoria di Galtellì, del Giudicato di Gallura; divenne un centro di grande rilievo economico del periodo, grazie anche agli scambi commerciali e alle attività portuali. Questa ricchezza la si può ammirare ancora oggi, vedendo il centro storico del paese. Ceduto il feudo, questi entrò in crisi a causa delle pressioni fiscali, Orosei con il porto, furono nuovamente venduti, questa volta alla moglie di Mariano IV, allorché scoppiata la guerra tra genovesi e aragonesi, il porto fu colpito duramente.

Con la successiva guerra tra Arborea e Aragona, Orosei fu occupato dalle truppe arborensi e annesso al giudicato di Arborea. Caduto il giudicato furono numerose le famiglie che si succedettero al comando del feudo. Fu con Salvatore Guiso, che la preferì come capitale feudale a Galtellì, ormai decaduta, a riprendere in parte quelle attività ‘economiche portuali per cui in passato era nota e che comunque, seppur in crisi, non cessarono mai. Con l’estinzione della famiglia Guiso, nel 1590, e la cessione ai Manca-Guiso si accentuò il malcontento popolare e la crisi portò alla fine di tutte le attività del porto. Questa famiglia mantenne il potere su Orosei fino al 1788. Estinti i Manca Guiso, gli Amat cercarono di impossessarsene, ma i problemi con il fisco erano tali che dovettero rinunciarvi. Orosei, così, si può dire definitivamente libera da vincoli feudali già dal 1808. Entrò a far parte in seguito della provincia di Nuoro. L’importanza che ebbe Orosei in passato e anche la ricchezza di cui molti godevano, la si può notare nel quartiere storico chiamato “Palatzos Bettos” (palazzi vecchi), che si snoda attorno alla torre dell’antico castello. Negli affascinanti vicoli, sono numerosi i palazzetti di gusto catalano-aragonese che ricordano lo sfarzo delle antiche famiglie baronali. Numerose anche le chiese di grande valore storico e architettonico, come la chiesa di S. Antonio Abate del XIV sec. o l’Oratorio delle Anime e la chiesa di San Giacomo, in P.zza del popolo, superbo esempio di barocco in Sardegna.

Orosei è una bellissima località che si può visitare in tutto l’arco dell’anno, grazie a un territorio estremamente ricco di bellezze naturalistiche, come le sue spiagge tra cui Osala, cala Liberotto, Bidderosa, o il suo immediato entroterra con una macchia mediterranea splendida, da cui sbucano i nuraghi che qui, caso raro, si trovano vicino il mare, come quello di Osala, e ovviamente il centro vero e proprio ricco di monumenti.

Orune

Orune è un paese a nord-est di Nuoro; il suo territorio caratterizzato da alture granitiche e profondi valloni, ricco di lecci, antichi sughereti e reso fertile da sorgenti, fu abitato fin dal periodo prenuragico e nuragico. Sono numerosi i siti archeologici e senza alcun dubbio il più importante è la fonte sacra di “Su Tempiesu”. L’attuale paese è di origine medioevale e in principio faceva parte del giudicato di Gallura; quando il villaggio passò agli aragonesi, iniziò il malcontento e l’ostilità della popolazione nei confronti dei nuovi padroni, che cedettero Orune a Giovanni di Arborea. Con il suo arresto per mano del fratello Mariano IV, Orune rimase degli Arborea fino al 1410, quando venne incluso nel feudo dei Turrigiti che in seguito lo vendettero al marchese di Oristano. In seguito passò nelle mani di varie famiglie feudatarie fino al 1571 quando passò ai De Silva e quindi al marchesato d’Orani. Furono questi anni di tirannia nei confronti della popolazione stracarica di tributi elevati e spesso i rapporti con il feudatario erano molto tesi. Alla famiglia De Silva appartenne fino al 1838, anno di riscatto del feudo. Orune in seguito entrò a far parte alla provincia di Nuoro, a cui ancor oggi appartiene.

Il paese fa parte del Parco Letterario Grazia Deledda; la celebre scrittrice proprio qui ambientò uno dei suoi romanzi: “Colombi e Sparvieri” e targhe con parte di brani si trovano nel centro storico della cittadina, dove ancora si possono ammirare le tradizionali case barbaricine e la chiesa di Santa Maria della Neve con la sua torre campanaria che in Colombi e Sparvieri, la Deledda così descrisse:“…E la chiesa con la sua torre di pietra, l’abside e la facciata corrose qua e la, coperte di edere e gramigne, pareva su quello sfondo grandioso, un avanzo di castello abbandonato…”

Ovodda

Benché il suo territorio fu abitato fin da periodo nuragico, il paese è di origine medioevale, apparteneva infatti al giudicato di Arborea e più precisamente faceva parte della curatoria della Barbagia di Ollolai. Caduto il giudicato e concesso il paese in feudo al marchese Deana, la popolazione ostile al nuovo signore, mantenne una certa autonomia. Le vicissitudini di Ovodda furono le medesime di molti dei borghi della Sardegna: guerre, cessioni, estinzioni fecero si che il paese passò di mano in mano (spesso con ricadute gravissime sulla popolazione) a diversi casati, fino ad arrivare ai Tellez Giron dai quali fu riscattato nel 1839. A causare la decadenza di Ovodda fu anche la faida causata dal controllo dei pascoli, che resero il paese poco tranquillo. Con la caduta del feudalesimo il paese entrò a far parte della provincia di Nuoro a cui tutt’ora appartiene. La sua economia si basa sull’agropastorizia, sull’artigianato e sulla produzione di doci e pani tipici.

Da vedere

Ovodda si trova nella Barbagia di Ollolai, in un territorio ricco di bellezze, che si possono ammirare organizzando delle escursioni nella valle del Taloro e sul pianoro granitico del monte Orohole. Immersi nella natura selvaggia si possono ammirare le Domus de Janas di Ghiliddoe e S.Abba Vo’ada, le tombe dei giganti, i menhirs e alcuni nuraghi tra cui Osseli, che comprende il nuraghe e il villaggio, costituito da capanne circolari. Il centro storico del paese ha conservato l’antico assetto urbanistico con le sue belle case tipiche; nelle piazze (e non solo) fanno bella mostra di se numerosi e colorati murales. Di particolare interesse anche la chiesa tardogotica di San Giorgio e la chiesa di San Pietro (a pochi Km dal paese) costruita nel 1473 per sancire un accordo tra Ovodda e Gavoi sull’utilizzo di pascoli in precedenza contesi. La qualità della vita a Ovodda è così elevata che è conosciuto in tutto il mondo come il paese dei centenari e per questo è anche oggetto di studio.

Posada

Posada è un borgo medioevale ricco di storia che sorge alle pendici di un colle calcareo con un fantastico panorama sul mare e grandi pianure. Sul colle si trova Su Casteddu de sa Fae, il Castello della Fava (protagonista di una leggenda) che è il simbolo del paese. Il territorio posadino, fu abitato già dal periodo nuragico grazie alla sua posizione strategica e alle insenature naturali; divenne un centro di una certa rilevanza in periodo fenicio-punico con il nome di Feronia, ma il luogo esatto in cui sorgeva è dubbio, si pensa che il sito sorgesse nei pressi dell’attuale Santa Caterina. E’ certo invece, il luogo dove in età romana sorgeva l’abitato di Porto Luguidonis, l’odierna località San Giovanni.

Nel periodo romano, diventa un importante centro di smistamento con i mercati del centro: le grosse navi, da Ostia arrivavano a Olbia, qui il carico veniva smistato e messo in navi più piccole che partivano verso Porto Luguidonis, una volta giunte qui, la merce proseguiva via terra per giungere a destinazione. E’ proprio per questo suo ruolo, che in questo periodo il nome muta in “Pausata” (poi in Posada), cioè luogo di sosta, nodo di scambio tra mare e terra. In realtà, le ipotesi sul nome sono tante: visto la posizione su una foce, potrebbe derivare da “luogo su cui il fiume si posa”; per altri deriva da Poseidon. Il luogo è nominato con il nome Posada, per la prima volta in una bolla papale del 1095. Questo è il periodo dei giudicati e Posada è terra di confine tra il giudicato di Gallura e quello di Arborea. Fu per questo al centro di complicate vicende storiche.

Anche se con esattezza non si sa quando il castello fu costruito, è probabile che nel XIII sec. fosse già eretto e l’abitato dotato di mura. Sia i giudici della Gallura che quelli di Arborea, qui ebbero la sua sede, ma in realtà si è ipotizzato che fosse più un castello di villeggiatura, perché militarmente non era ben difendibile. Nel 1380, cadde sotto gli aragonesi, tornò poi al giudicato grazie a Brancaleone Doria, ma caduta Arborea, Posada divenne feudo dei Carros ed elevata al rango di baronia. Nel 1477 nella baronia fu fatto il primo sequestro della storia a scopo di estorsione. Posada era spesso colpita da barbari, saraceni, banditi (tra cui molti preti) e i baroni non facevano niente per cercare di porre un freno o comunque trovare un rimedio al problema, fu per questo motivo che il feudo fu sequestrato al proprietario Miguel Portugues. Il ‘600 oltre i predoni portò la peste, che decimò la popolazione. Il ‘700 non vide grossi ruoli storici del paese, ma fu essenzialmente un luogo da cui arruolare soldati e uno dei tanti feudi da cui racimolare tasse. La baronia di Posada, fu l’ultimo feudo inglobato dai Savoia.

La leggenda del castello della fava

Si narra che intorno al 1300, una flotta di saraceni fosse sbarcato nelle coste di Posada e aspettassero il momento giusto per sferrare l’attacco finale, assediando il castello, solo quando la popolazione fosse stata ridotta alla fame. Posada, che in realtà era già in quella situazione, non poteva reggere un combattimento, quindi pensarono a uno stratagemma: fecero mangiare le ultime fave rimaste, a un piccione, lo ferirono e lo fecero volare verso l’accampamento nemico. Qui, cadde morto per le ferite, i Saraceni notando il gonfiore della pancia lo aprirono e videro le fave, pensarono così , che se la popolazione dava così tanto da mangiare a un animale, voleva dire che ne avevano tanto anche per loro. Pensarono allora che non avrebbero mai potuto concludere l’assedio e lasciarono le coste di Posada. Con questo stratagemma la popolazione fu salva.

Siniscola

Siniscola è un paese della provincia di Nuoro, situato tra i monti e il mare in un ambiente naturale di suggestiva bellezza. Nonostante il territorio sia ricco di testimonianze archeologiche che dimostrano la continuità abitativa fin dal periodo pre-nuragico, come le grotte di “ Sa Preione ‘e s’Orcu” e nuragico con la presenza di numerosi nuraghi, il paese è di origini alto medioevali. Era uno dei maggiori centri della curatoria di Posada. Con la conquista aragonese, iniziò il malcontento della popolazione che approfittò della guerra tra genovesi e aragonesi per ribellarsi al feudatario. Ma le varie guerre per la conquista del territorio resero sempre precaria la situazione del paese, che soffriva della situazione tanto che il villaggio si spopolò. Dopo la battaglia di Sanluri, il feudo fu venduto ai Carroz che detenevano il potere in gran parte della Sardegna nord-orientale. Alla morte di Nicolò Carroz il feudo passò alla moglie che lo lasciò in eredità agli ospedali di Barcellona e Saragozza.

Il paese fu totalmente lasciato in balia dei corsari barbareschi, furono solo costruite delle mura, ma che non servirono a molto per arginare il pericolo delle incursioni e così Siniscola seguì la stessa sorte di Posada: gli abitanti dovettero continuamente difendersi dai pirati.

Il villaggio fu riscattato nel 1883, quando era proprietà dei Nin. Benché la pastorizia e l’agricoltura rimasero le attività principali, nel XX secolo Siniscola ebbe però un rapido sviluppo grazie al commercio e al turismo. Sono infatti numerose e splendide le spiagge del litorale siniscolese, come Capo Comino, La Caletta e Bèrchida, tra le più belle al mondo. Non mancano le incantevoli montagne come il Monte Albo, zone ricche di acqua e con una vegetazione selvaggia. Di grande interesse ambientale è la grotta di Gortoe, nella periferia del paese, dove scorre un corso d’acqua sotterraneo. Molto interessante è anche il centro storico, che mantiene l’antico assetto architettonico con le case in pietra.

Teti

Teti è un piccolo paese montano della provincia di Nuoro situato nella parte nord occidentale del Gennargentu. Il territorio fu abitato fin dal periodo nuragico, di ciò ne sono testimonianza le tombe dei giganti di Azzadolai e Perdalonga, vari nuraghi (tra cui Alineddu e Funtana Bona), il villaggio santuario di Abini e i villaggi nuragici di S’Urbale, Su Ballu e Su Carrazzu, tutti di eccezionale importanza.

Il paese odierno è di origine medioevale, dopo la caduta del giudicato di Arborea, a cui il villaggio apparteneva nonostante godesse di una certa autonomia,Teti fu amministrato da funzionari reali fino al 1461 quando fu acquistato,assieme ad altri territori, dal marchese di Oristano. In seguito fu amministrato da varie famiglie, nonostante la popolazione avesse insito dentro di se un forte volere di autonomia, che non sfociò mai in rivolta se non contro gli abitanti Ovodda per questioni di pascolo. L’ultima famiglia ad amministrare il paese fu quella degli Amat, nel 1821 Teti entrò a far parte della provincia di Oristano per poi passare a quella di Nuoro.

Ingrandendosi il paese, ha perso il suo assetto originale, ma sono comunque diversi gli edifici storici di un certo interesse, come la chiesa di San Sebastiano e la gualchiera Zedda, un impianto per la follatura dell’orbace, utilizzato fino agli anni sessanta. Da non dimenticare una visita ai numerosi siti archeologici della zona e una passeggiata al lago Cucchinadorza. Tra i periodi migliori per visitare il paese vi è sicuramente il Carnevale con i suoi riti, le sue maschere pagane e la sua cerimonia di chiusura.

Tiana

Tiana è un piccolo paese della provincia di Nuoro, situato alle pendici del Gennargentu. Benché il territorio sia stato abitato fin dall’epoca nuragica, il borgo è di origini medioevali: faceva infatti parte della curatoria di Austis, appartenente al Giudicato di Arborea. Con la caduta dei Giudici, fu amministrato da funzionari reali, fino alla vendita al marchese di Oristano.

In seguito Tiana fu incluso nei feudi di Matteo Arbosisch; fu in questo periodo che gli abitanti del paese si unirono a quelli di Teti, contro gli abitanti di Ovodda per questioni di pascolo. Nel XVII sec. il paese era amministrato dalla famiglia dei Cervellon, che diede un nuovo impulso all’economia, grazie anche alla lavorazione dell’orbace (lana grezza), per cui Tiana divenne rinomata. Con l’estinzione dei Cervellon, il paese passò prima ai Manca Guiso, poi agli Amat, fino all’estinzione dei feudi. La lavorazione dell’orbace fu un punto forte dell’economia del paese fino alla prima metà del ‘900, quando il settore, a causa della mancata domanda entrò in crisi, portando il paese a un lento spopolamento.

Da vedere

Il paese è inserito nel Parco Nazionale del Golfo di Orosei e del Gennargentu; nei monti nei pressi del lago Cucchinadorza, si può ammirare la tipica fauna sarda (cinghiali, martore, lepri…), i suoi boschi invece sono ricchi di noci, lecci, sugheri e castagni. Il territorio è bagnato dai fiumi Tino e Torrei e proprio qui si possono ammirare un mulino e una gualchiera per la follatura dell’orbace, ora musei e un tempo macchine che aiutavano nel lavoro i tianesi. Fanno parte di un periodo ben più antico le domus de janas de “Is Forreddus”, in località Mancosu e il nuraghe di Mandra Loi.

Il centro storico del paese, mantiene l’antico impianto urbanistico con case in pietra addossate le une alle altre su stradine strette e la presenza dei cosiddetti “corzos”, cioè dei passaggi coperti in cui sopra vi erano le case e sotto erano vie transitabili. Tra gli edifici di un certo interesse la chiesa tardogotica di Sant’Elena.

Tonara

Tonara è un paese della provincia di Nuoro, alle falde del Gennargentu in un territorio ricco di sorgenti, boschi e castagneti. Abitato sin dal periodo prenuragico, il territorio conserva numerose testimonianze di questo periodo: come la domus de janas “Is Forreddus”, al periodo nuragico appartengono i nuraghi “Su Pranu” e “Su Nurazze”, mentre del periodo romano sono i ruderi di “Tonnai”. L’abitato odierno si è formato nel sec. XVI con la fusione dei villaggi di Toneri, Teliseri e Arasulè, a questi tre si erano uniti nel corso del ‘700 gli abitanti di Ilalà.

Tutti quattro i villaggi, appartenevano al giudicato di Arborea, fino alla sua caduta nel primo decennio del ‘400, quando entrarono a fare parte dei territori feudali di Giovanni Deana; passarono in seguito a suo suocero, marchese di Oristano, fino a quando non passarono direttamente sotto il controllo del re e furono amministrati da un “official”scelto tra i capifamiglia della zona. In questo periodo i primi tre villaggi erano già diventati un unico nucleo, attorno al quale prosperavano i noccioleti e i castagneti, che tutt’oggi sono uno dei fiori all’occhiello di Tonara.

Il privilegio regio, fu mantenuto fino a quando la Sardegna non passò in mano agli Asburgo e così la popolazione di Tonara dovette abituarsi a vivere sotto un feudatario e i suoi signorotti, con i quali spesso entrarono in conflitto e che cercarono (inutilmente) di scacciare. Così fu fino al 1838 con l’abolizione dei feudi. Il paese, che ha un’antica tradizione artigianale, come dei campanacci, del legno intagliato, del tessuto e ovviamente della lavorazione del torrone, conserva ancora in alcune zone l’antico impianto urbanistico con le tipiche case costruite in legno e schisto; vi sono anche alcune chiese di particolare interesse come S. Antonio e S. Gabriele. Tonara si ricorda anche come paese natale di Peppino Mereu grande poeta sardo.

Una visita a Tonara appagherà tutti, grazie alle sue numerose e varie bellezze e alle sue specialità gastronomiche tipiche.

Torpè

“…in durche, raru incantu e in decoro d’un’illustre e istoricu passadu, de montes e collinas circundadu Torpè chi parte faghet a Nuoro, l’abitat zente laboriosa e bona ch’aman su ben’istare e i s’allegria” queste le parole del poeta P. Coronas per celebrare questo caratteristico paese sardo. Torpè è un piccolo comune della provincia di Nuoro, situato nella regione storica di Posada.

Circondato da boschi e campagne, nel suo territorio, prevalentemente collinoso, vi scorre il Rio Posada, che forma anche l’omonimo lago artificiale. Bellissime le montagne della Tepilora: habitat dell’aquila reale. Il suo territorio fu abitato fin dal periodo prenuragico e nuragico: sono ancora numerose le testimonianze del passato come il nuraghe San Pietro, le domus de janas di Casa Diana e le tombe dei giganti.

L’attuale assetto del paese è medioevale, incluso nella curatoria di Posada, quando fu direttamente amministrato da Pisa, il paese era un centro rilevante, ma quando entrò a far parte del feudo di Berengario Vilademany, il popolo si ribellò. Alla morte del feudatario il paese passò attraverso diverse vicissitudini storiche e varie mani, ma il popolo fu sempre malcontento e le ribellioni contro i padroni non vennero mai a mancare. Quando il feudo passò ai Carroz, oltre l’ostilità contro il padrone, il popolo dovette proteggersi anche dalle invasioni dei corsari nordafricani; nemmeno quando il territorio, estinta la famiglia dei Carroz, passò agli ospedali di Saragozza e Barcellona, riuscì a salvarsi dagli attacchi barbareschi. La popolazione comunque, cercò di proteggersi da sola, solo quando il feudo passò ai Portugues, si cercò di arginare il problema degli attacchi corsari; i nuovi feudatari per aiutare l’economia, cercarono di sviluppare la coltura della canna da zucchero. Torpè, passò poi ai Masons e infine ai Nin, fino a quando non fu riscattato nel 1838 con l’abolizione dei feudi. Entrò quindi a far parte prima della provincia di Nuoro, poi Sassari per ritornare a Nuoro. Il paese vive prevalentemente di agricoltura e allevamento.

Torpè è un bel paese che, nel centro, ha mantenuto intatto il suo aspetto antico sviluppatosi attorno alla chiesa della Madonna degli Angeli. Nei vicoli storici si possono ammirare dei bei murales che ricordano l’antica quotidianità e le tradizioni sempre vive.