Cosa vedere vicino a Oristano

Arborea

Arborea, è un comune in provincia di Oristano, il cui territorio è formato da una pianura di depositi alluvionali su una piattaforma di argilla. Inaugurata nel 1928 dal re Vittorio Emanuele III, Arborea, nacque come Villaggio Mussolini; due anni dopo, diventa comune e prende il nome Mussolinia.

Nel 1944, con la caduta del fascismo, diventa Arborea. Le origini di questa cittadina, sono da datare al 1919, quando con la costituzione della Società delle bonifiche sarde, si decise di bonificare il territorio, occupato dalla palude Sassu; un vasto territorio tra Terralba e Marrubiu, nell’oristanese. I lavori, portati a termine in soli due anni, comprendevano la bonifica idraulica e la trasformazione fondiaria, che sarebbe conclusa con la colonizzazione dei territori ottenuti.

Questa grandiosa opera di bonifica, progettata dall’ingegnere vicentino Giulio Dolcetta, che progettò anche la diga sul Tirso, attirò manovalanza da tutto il circondario per costruire strade, ponti, serbatoi, canali ed edifici. Se per la costruzione furono utilizzati operai sardi, per la colonizzazione, furono scelti contadini veneti e friulani: per una loro maggiore dimestichezza nella mezzadria e per i ritmi di produzione che questa impresa richiedeva.

Arborea doveva essere l’esempio di ciò che si poteva creare con le bonifiche. L’abitato era concepito secondo un moderno schema urbanistico, al centro del quale dovevano esservi gli edifici pubblici e le abitazioni dei dirigenti della società delle bonifiche sarde; tutto intorno, tra i campi, le fattorie. Una volta costruiti gli edifici, furono impiantati eucalipti e fu dato il via alla coltivazione di tabacco, pomodoro, riso e granturco. Oggi le fattorie agrarie, rendono questa zona fiorente: la cooperativa dei produttori di latte Arborea è tra le maggiori in Italia.

Arrivare ad Arborea, è come entrare in un altro mondo, le tipiche case campidanesi che si possono trovare, in tutta la zona del centro sud della Sardegna, sono sostituite da palazzetti in stile liberty e neogotici. La chiesa con il tetto spiovente è costruita in tipico stile tirolese.

I grandi e verdi giardini si trovano al centro, rispetto a quello che era il nucleo originario centrale del paese: la chiesa, la scuola, il municipio, la locanda, i palazzetti dei dirigenti. Passeggiando tra i viali alberati si passa da questo scenario, così lontano, dalla tipica architettura della Sardegna, a quello che è la classica architettura del ventennio: l’enopolio, il mercato, l’ospedale e ovviamente le opere idrauliche. Ma la cosa probabilmente più interessante è come due culture, come quella veneta e quella sarda, nonostante la reciproca diffidenza iniziale, unendosi e integrandosi a vicenda abbiano dato vita, a una cultura originale, che si può notare tra l’altro nella sagra della polenta che si svolge ad Arborea ad agosto.

Questa integrazione e questo scambio hanno anche contribuito al fatto che Arborea sia oggi, una delle zone più progredite economicamente della Sardegna.

Cosa vedere

Arborea e il suo territorio sono ricchi di luoghi da vedere. In corso Italia (nell’ex mulino), è sito il museo comunale MUB.

Sulla piazza della città si possono ammirare le costruzioni neogotiche e liberty tra cui la locanda del Gallo Bianco, la Casa dell’Impiegato e la Scuola Elementare. In via Omodeo si trovano il Municipio, la Villa del direttore e quella del presidente e il monumento a Dolcetta. Di grande interesse anche il mercato e l’enopolio, la casa del fascio, quella del balilla e quella del fattore. Nei dintorni di Arborea meritano una visita: l’idrovora del Sassu e quella di Luri e poi le case del fattore di Torrevecchia, Pompongias e quella di S’Ungroni con la pineta di Barany.

Per chi ama le passeggiate tra la natura non può non fare a meno di visitare lo stagno di di S’Ena Arrubia e quello di Sassu, lo stagno di Corru e s’Ittiri , la grande pineta e il litorale, che si estende per circa 9 km. Percorsi naturalistici.

Bosa

Bosa, un borgo medioevale sulle rive del fiume Temo, è situato nella regione storica della Planargia, terra di produzione di un’ottima malvasia. Le testimonianze date dalle domus de janas e dai nuraghi, dimostrano che il territorio era abitato già in epoca nuragica.

Un epigrafe fenicia, databile al IX sec. a.C determina l’esistenza del termine Bs’n riferito alla popolazione di questo luogo, ma di questo stanziamento fenicio-punico, non si conosce niente. Alcuni studiosi hanno ipotizzato, visto la conformazione del luogo, che l’abitato fosse situato sulla riva destra del fiume, mentre a sinistra fosse ubicata l’area sacra. Con l’arrivo dei romani, l’abitato avrebbe mantenuto un ordinamento punico, ma in età imperiale divenne un municipio con un proprio ordine di decurioni. La città era collegata da una strada costiera, a sud con la città di Cornus e a nord con Carbia.

Dell’ubicazione della città in età bizantina, abbiamo una testimonianza certa, data dalla Chiesa di San Pietro extra muros.

Nonostante le numerose incursioni arabe il sito non fu mai abbandonato.

Con la costruzione del Castello di Serravalle, per opera dei Malaspina, la popolazione si cominciò a spostare verso le pendici del monte, zona considerata sicura. La città vecchia fu gradualmente abbandonata. Nacque così la città nuova di Bosa, nella zona di Sa Costa, il Costone appunto.

Nel 1309 Malaspina vendette i territori della Planargia a Mariano di Arborea, e ovviamente con essi, il castello e il borgo. Il territorio ebbe vari passaggi di mano fino a quando, con la definitiva sconfitta degli arborensi, Ferdinando il cattolico non la nomina città reale, lasciando il castello infeudato.

La città di Bosa, vede la progressiva crescita del commercio parallela al sempre minor interessamento dei feudatari che alla fine abbandonano il castello. Anche la città, in seguito a causa della malaria, causata dall’ostruzione della foce del Temo, per evitare gli sbarchi di Andrea Doria, inizia un lento declino. Gli odori provocati dalle acque stagnanti e i problemi causati dall’inaccessibilità del porto, misero la popolazione in ginocchio.

Il 1800 vide il risveglio economico e demografico di Bosa. Fu costruito l’acquedotto e la rete fognaria, la città fu accresciuta in pianura e si sviluppò l’attività conciaria. Fu costruito un nuovo porto e un ponte (oggi chiamato ponte vecchio) che univa i due lati del fiume. Bosa è una cittadina, che rappresenta uno dei tanti aspetti particolari della Sardegna, che rendono l’isola unica. Ci si arriva attraverso una strada bellissima tra mare e montagne.

Curva dopo curva eccoci a Bosa, i suoi palazzetti colorati costruiti sulla riva del Temo, ricordano Amsterdam o Venezia. Il fiume, navigabile, è pieno di barche di pescatori e le vecchie concerie, Sas Conzas oggi sono un esempio raro di questo tipo di archeologia industriale in Sardegna. Addentrandosi nel centro del paese, verso il castello, si arriva al quartiere medioevale Sas Costas, il quartiere è suggestivo per le sue stradine, collegate con scale e le vecchie case parzialmente costruite sulla roccia. Una stupenda vista sopra la vallata si può ammirare dal Castello di Serravalle.

Cabras

Cabras, è un comune a pochi Km da Oristano, nel cui territorio si trovano alcune tra le maggiori bellezze della Sardegna. Siti archeologici, spiagge stupende, lagune, campagne verdi, il centro storico con le tipiche case basse e l’ottimo cibo, sono sicuramente validi motivi per una visita a Cabras.

Il paese, come agglomerato rurale, era già presente nei documenti alla fine dell’XI sec. con il nome Masone de Capraso (recinto-gregge di capre). Il territorio comunque fu abitato, in maniera continua già dal neolotico (4000 a.C). In un isolotto all’interno dello stagno di Cabras, si trova il sito prenuragico “Cuccuru is Arrius”, dove sono state rinvenute delle tombe, i cui corredi funerari testimoniano i culti religiosi del mediterraneo, incentrati sulla figura del Toro e della Dea Madre.

Quando il territorio, entrò a far parte del giudicato arborense con il nome Villa de Capras, il paese cominciò ad avere una certa importanza, anche perché la famiglia giudicale, vi risiedeva spesso e fece costruire un castello di cui ora restano pochissimi resti.

Con la fine del giudicato, il paese entrò a far parte del Marchesato di Oristano, in seguito, con la sua sconfitta ad opera dei catalano-aragonesi, tutti territori divennero demanio prima della Corona di Aragona, poi di quella Spagnola. Per tutto questo periodo, la zona era sempre minacciata dalle incursioni dei corsari nord africani, che compromisero un’economia basata sulla pesca. Grazie all’esenzione del pagamento dei tributi feudali, la popolazione riuscì a trovare i fondi per difendere la città, grazie a questa difesa, che negli anni crebbe sempre di più, si ricominciò a sviluppare la pesca, tutt’ora base dell’economia del paese.

Il dominio spagnolo si protrasse fino alla pace di Utrecht nel 1713, quando la Sardegna passò prima agli Asburgo e nel 1720 con la pace dell’Aja ai Savoia.

Nel 1859 entrò a fare parte della provincia di Cagliari. Dal 1974 fa parte della provincia di Oristano. Cabras è costruita sulla sponda nord-orientale dello stagno omonimo, che con lo stagno di Sal ‘e Porcus e le zone umide di Mistras e Pauli e’ Sali rappresenta uno dei più grandi ambienti palustri d’Europa. Gli appassionati di birdwatching o semplici amanti della natura, qui potranno ammirare il fenicottero, lo svasso maggiore, l’airone rosso, il tarabuso, il germano, il pollo sultano, il gobbo rugginoso e molti altri. Lo stagno, circondato da canneti è ricco di anguille, carpe e ovviamente muggini, da cui si estrae la bottarga: l’oro di Cabras.

Le uova di muggine, così preziose, sono regine incontrastate della cucina della zona. Gli ottimi piatti a base di bottarga si accompagnano alla vernaccia, vino fenicio: popolo che qui ha lasciato tracce importanti, tra tutte Tharros, città fenicio-punica e poi romana, della quale si possono ammirare gli scavi archeologici, a pochi km da Cabras. Il sito è situato su una magnifica costa, nella penisola di San Giovanni di Sinis.

Terralba

Terralba è un comune, che si trova nella piana di Oristano, il suo toponimo prende il nome dal latino Terra Alba, cioè terra bianca, poiché la zona è caratterizzata da un terreno chiaro formato da argille bianche. I primi insediamenti della zona, si fanno risalire al neolitico, in epoche successive, anche qui come nel resto della Sardegna, si sviluppò la civiltà nuragica, di cui sul territorio terralbese restano i resti di 7 nuraghi.

Secondo la tradizione, Terralba nacque intorno al 1000 a.C. come villaggio di pescatori sulle coste dello stagno di San Giovanni. Il villaggio, chiamato Osea, fu però abbandonato a causa dei continui attacchi saraceni. La popolazione si spostò, nella vicina città di Neapolis, di fondazione fenicia e in seguito romana, che fu abitata fino al periodo bizantino, quando fu conquistata dai saraceni. Gli abitanti, decisero allora di spostarsi verso l’interno e nel 1017 fondarono Terralba. Il toponimo odierno compare per la prima volta nel 1102, mentre il termine Terra Alba, per indicare questa città è già presente nel 1048.

Con l’abbandono di Neapolis da parte di Mariano II fu trasferita a Terralba la diocesi, il nuovo paese divenne capoluogo della zona, ebbe una certa floridezza economica in tutto il circondario e ciò rese possibile la costruzione della chiesa di San Pietro, tutt’ora patrono della città, la cui statua, fu portata dalla città di Neapolis.

Ma le minacce saracene, non ebbero fine e benché il paese fosse situato all’interno rispetto alla costa, fu attaccato, depredato, messo a ferro e fuoco e gli abitanti fatti prigionieri.

Il paese restò in rovina fino ai primi anni del 1600, quando il barone di Uras, per acquisirne i diritti feudali, ne promosse il popolamento. Per proteggere il territorio dagli attacchi pirateschi, la corona Aragonese prima e poi quella spagnola, fecero edificare anche qui, le torri costiere, che comunicando tra loro, avrebbero reso un possibile sbarco nemico complicato. Con il passaggio degli Spagnoli ai Savoia, la situazione di Terralba è quella dell’intera isola: il completo abbandono. Il paese in oltre, era una zona acquitrinosa e quindi la malaria la faceva da padrona. Solo con la fine dell’800 con le prime bonifiche il territorio terralbese, fu trasformato da palude in terreno coltivabile, benché la malaria non fosse ancora debellata.

I territori bonificati però (circa 20000 ettari), con la costruzione del Villaggio mussolini, ora Arborea, furono, praticamente tutti tolti al territorio terralbese, in favore del nuovo paese. Nonostante i problemi, Terralba, è riuscita a crescere diventando il centro più grande dell’oristanese e il secondo paese, dopo il capoluogo, più popolato della provincia di Oristano.

Le zone circostanti il paese con lo stagno di San Giovanni e Marceddì, sono zone naturalistiche, di grande importanza ambientale e poste quindi sotto tutela.