Cosa vedere vicino Olbia e Tempio Pausania

Aggius

Aggius è un comune della provincia di Sassari (ex Olbia-Tempio), il cui territorio, di natura granitica, è occupato da colline e creste rocciose del Limbara.

Ricchissimo di sughereti, nei suoi boschi è facile incontrare lepri, cinghiali e pernici, falchi e sparvieri. Il territorio di Aggius è ricchissimo di sorgenti e parchi: il Parco Capitza,

il Parco Alvinu e il Parco di Santa Degna, con il laghetto, percorsi per il trekking e tavoli per il picnic.

Il patrimonio di questo territorio, non è solo naturale, ma anche archeologico, sono infatti presenti alcuni nuraghi, il più importante è quello di Izzana, che si trova sula strada per Trinità d’Agultu e alcune domus de janas. Aggius, così come noi lo conosciamo, è di origine medioevale e faceva parte del giudicato di Gallura, con la fine del giudicato venne amministrato dal comune di Pisa.

Conquistato dagli aragonesi, la popolazione cercò di resistere, ma nel 1330 fu sconfitta dall’esercito di Raimondo Cardona; il villaggio, benché concesso in feudo a Guglielmo Pujalt, continuò a essere conteso tra Doria e Aragona.

Morto Pujalt, senza eredi il feudo fu dato a Giovanni d’Arborea perché vi portasse un poco di pace. In seguito al suo arresto da parte del fratello Mariano il territorio fu completamente abbandonato a se stesso, rimase comunque popolato, nonostante le due guerre tra Aragona e Arborea, l’ultima delle quali si concluse con la battaglia di Sanluri, con la sconfitta degli Arborea e quindi la perdita di Aggius e di tutto il Gemini che divennero feudo dei Carroz e in seguito dei Maza dei Licana. Alla loro morte seguirono dure contese da parte dei discendenti e alla fine passò alla famiglia dei Portugal nel 1591.

Quando, con il matrimonio della rampolla della famiglia dei Portugal con Rodrigo De Silva divenne parte del marchesato di Orani il territorio, ancora una volta abbandonato a se stesso, fu teatro di lotte e faide tra le varie famiglie, che portarono allo spopolamento del territorio che divenne il rifugio dei fuorilegge che popolarono quelle terre per tantissimi anni e le cose peggiorarono sempre più, tanto che nel periodo sabaudo il territorio di Aggius divenne il covo di falsari e contrabbandieri.

Con la fine del feudalesimo, le cose per il paese non migliorarono, poiché fu colpito dalla famigerata faida tra la famiglia Vasa e la famiglia Mamia, la “inamistai”, si concluse il 26 maggio 1856 e in pochi anni fece oltre 70 vittime. L’autore di questa pace fu il celebre bandito Sebastiano Tansu Addis, noto come il muto di Gallura, perché muto fin dalla nascita. Nel paese è nato anche il Museo del Banditismo.

Nell’800 si svilupparono la pastorizia e la lavorazione del sughero, che tutt’oggi sono pilastri dell’economia del paese, assieme alla lavorazione del granito e alla tessitura.

Di antica tradizione tessile, ad Aggius si producono preziosi tappeti e coperte, rigorosamente tessuti nei telai domestici e vista la lunga tradizione, è stata istituita una Scuola del tappeto. Queste piccole (e spesso molto grandi) opere d’artigianato, si possono ammirare nel “Museo del tappeto”, che si trova nel centro storico di Aggius.

Il paese, ha mantenuto l’impianto urbanistico antico, con i suoi palazzi in granito e i vicoli tortuosi e i gradini. Numerose le belle chiesette, tutte in granito, come Santa Vittoria (XVI sec.) e santa Croce (XVII sec), con la sua bella piazzetta. Aggius si trova in una conca tra i monti, le punte granitiche che racchiudono il paese, sono ricche di grotte che furono rifugi dei banditi e secondo la leggenda, in uno di questi monti detto La Crucitta o Tamburu, si sarebbe affacciato il diavolo a minacciare di portare il paese di Aggius all’inferno, per questo i suoi abitanti hanno piantato una croce, per scampare al pericolo. Di particolare suggestione la vallata granitica che il vento ha scolpito, dando alla pietra particolari forme, chiamata “Valle della Luna” o “Piana dei Grandi Sassi”, che l’archeologo Giovanni Lilliu ha così descritto: “Sembrano rottami di giganti divelti da un dio vendicatore dalle guglie dei monti sovrastanti e rotolati al piano dove giacciono distesi da millenni”.

Cosa vedere?

Aggius è stata insignita della bandiera arancione del Touring Club Italiano, di cui fanno parte le località eccellenti dell’entroterra e fa anche parte dei “Borghi Autentici d’Italia”. Nel centro storico di Aggius, oltre i bei palazzetti storici e le chiese antiche non devono mancare di una visita il museo del Banditismo e quello Etnografico. Nei dintorni del paese, le campagne e le montagne aspre e selvagge della Gallura vi affascineranno con le loro bellezze naturali: il laghetto di Santa Degna, il nuraghe Izzana, l’incantevole natura della Valle della Luna, di Monti di Mola e della vallata di Agliola di Entu e ancora i bellissimi paesaggi di Monti Fraili, Monti Pinna, Cungustu e Petra Ruja.

Alà dei Sardi

Alà dei Sardi è un paese del Logudoro, situato nella regione storica del Montacuto, ai piedi della catena dei monti di Alà. Compreso nella provincia di Sassari, confina con i territori della Barbagia e della Baronia. Il toponimo, si pensa deriva da Balari, con la perdita della B iniziale (togliere la B all’inizio della parola è una caratteristica del dialetto alaese). I Balari, infatti, assieme agli Iliesi, erano le popolazioni che abitavano questo territorio in epoca romana e che mai furono assoggettate e per questo definite barbariche; secondo lo Spano, il villaggio odierno, sarebbe l’erede di Lathari, un paese anch’esso di epoca romana.

Il nome Alà è comunque di origine medioevale(solo dal 1864 si chiama Alà dei Sardi), il villaggio apparteneva al giudicato di Torres e in seguito passò, dopo varie contese e lotte, tra Doria Arborea e Visconti, ai signori di Narbona, ma il visconte, pochi anni dopo rinunciò ai territori. In tutto queste contese del territorio, chi realmente ci perdeva era la popolazione che veniva schiacciata da enormi tributi a cui non riusciva a far fronte, tanto da ribellarsi, anche se senza nessun cambiamento, come avvenne, quando Alà fu compreso nel Montacuto e tutto il territorio divenne feudo dei Centelles.

Quando Alà, assieme e tutto il Montacuto passò ai Borgia, questi si avvalsero dei signorotti locali per la riscossione dei tributi, che però praticamente nessuno pagava. Estinti i Borgia, nel 1767, il paese passò a una sua erede, Maria Giuseppa Piementel, moglie di Pietro Tellez Giron, i quali, vivendo in Spagna, facevano amministrare il territorio da funzionari che facevano solo i loro interessi esasperando la popolazione la quale voleva sciogliersi dai vincoli feudali.

Con la costituzione del Consiglio comunitativo nel 1771, Alà sembrò ritrovare l’autonomia persa a causa dell’amministrazione dei feudatari. Come altre popolazioni vicine, gli alaesi prima si rifiutarono di pagare i tributi e poi parteciparono attivamente ai moti antifeudali del 1795.

Le tensioni durano molto tempo e nel 1810 vennero anche occupati territori del demanio feudale; questa occupazione, con la legge delle chiudende nel 1821 divenne costruzione di tanche, da parte dei più furbi. Nel 1859, ormai da quindici anni riscattata dai feudatari, entrò a far parte della provincia di Sassari. Gli abitanti di Alà dei sardi sono sempre stati un popolo dedito alla pastorizia e all’allevamento, che tutt’ora è la base dell’economia della zona. Di rilievo sono anche la produzione di miele e formaggio, mentre l’agricoltura è poco praticata. Essendo una zona granitica, negli ultimi decenni, si è sviluppata l’estrazione di questo materiale, che viene esportato in tutto il mondo. Il territorio di Alà è ricco di foreste che conservano numerose testimonianze archeologiche.

Benché l’odierno abitato è di epoca medioevale, il territorio era già abitato in epoca prenuragica. Oltre alcuni nuraghi, poco distante dal paese si trova il complesso di Nurallattos, entro il cui recinto, tra dei picchi granitici sempre battuti dal vento si trovano un tempio a megaron delle fonti e alcune tombe dei giganti.

Arzachena

Arzachena è un comune che si trova nella costa della Gallura nell’ex provincia di Olbia-Tempio ora Sassari. Il suo territorio comprende colline granitiche, vallate e zone pianeggianti.

Fondata nel periodo medioevale, con il nome di Arseguen, apparteneva al giudicato di Gallura, che era compreso nella curatoria di Unali.

Il territorio di Arseguen, venne poi inglobato nel Regnum Sardiniae e in seguito passò nelle mani di vari signori, compreso Giovanni di Arborea. Dopo la guerra tra Aragona e Arborea(Arzachena in questo periodo fu spopolata dalla peste), il territorio divenne feudo dei Carroz e in seguito della famiglia Mazza de Lisana. Con l’estinzione di questa famiglia, il territorio fu abbandonato a se stesso e nella seconda metà del cinquecento subì l’invasione dei corsari turchi.

Nel 1600, il territorio di Arseguen, ormai abbandonato, divenne regno dei pastori che si spostavano con il loro bestiame, durante la transumanza. Nel diciottesimo secolo, i pastori iniziarono a stabilirsi negli stazzi e costruirono anche una chiesa dedicata alla Madonna, attorno alla quale sorse un nucleo abitativo.

Il centro che era feudo di una famiglia spagnola i Piementel-Teller-Giron, fu unito come frazione a Tempio Pausania. Riscattata dagli ultimi feudatari nel 1843, fu in seguito compresa nella provincia di Sassari. A metà dell’800, grazie alle sue attività agricole e all’allevamento, ebbe una notevole crescita economica, con lo stanziamento in seguito, anche di famiglie di pescatori. Grazie a questa crescita economica iniziarono le rivendicazioni per staccarsi da Tempio e diventare comune autonomo, cosa che accadde nel 1922.

Arzachena è ora uno dei comuni con il più vasto territorio in tutta Italia, ricco di bellissime coste. Proprio le sue coste hanno reso possibile uno sviluppo turistico che ha trasformato il borgo di Arzachena in una delle mete più importanti della Costa Smeralda. Oltre alle sue bellissime colline granitiche e le sue coste uniche, Arzachena è una meta da visitare per il grande patrimonio culturale e archeologico, come la necropoli di Li Muri, le Tombe dei Giganti di Li Lolghi e di Coddu Ecchiu, il Tempio di Malchittu e i nuraghi Albucciu e La Prisciona.

Berchidda

Berchidda è un paese alle pendici meridionali del monte Limbara, nella provincia di Sassari (ex Olbia-Tempio). E’ situato in un territorio di natura granitica, con una ricca vegetazione e numerosi corsi d’acqua sorgiva che lo rendono fertile e per questo abitato fin da periodi antichissimi.

Sono numerosi i nuraghi presenti in questa zona e molti hanno restituito ceramiche e vari materiali. Tra i più importanti, i nuraghes polibolati Colommeddu e Piddiu; attorno a quest’ultimo, si trovano i resti di un villaggio nuragico dove sono stati trovati vari reperti, anche di età romana.

Il paese di Berchidda, così come lo conosciamo, è di età medioevale e apparteneva al giudicato di Torres. Estinta la famiglia giudicale, il villaggio fu conteso(come tutti i centri della regione storica del Montacuto), fra Doria, Arborea e Visconti.

Fu durissima la lotta per il potere su questo territorio e nel 1339 fu concesso in feudo a Giovanni d’Arborea, che fu fatto arrestare quando Mariano, suo fratello, divenne giudice e ne pretese l’obbedienza; Giovanni si rifiutò, poiché lui il feudo lo aveva avuto direttamente dal re.

In seguito a causa delle devastazione dovuta alle lotte tra Mariano IV e Pietro IV, Berchidda si spopolò; passò comunque sotto il potere prima del visconte di Narbona, poi entrò a fare parte del grande feudo dei Centelles. I feudatari, fecero amministrare il villaggio da un regidor aiutato da funzionari che resero il territorio simile a uno stato. Con il passaggio del feudo, dopo l’estinzione dei Centelles, ai Borgia le condizioni della popolazione andarono peggiorando, poiché il feudatario aumentò sempre di più il suo potere, mettendo completamente da parte la comunità che non poteva nemmeno eleggere più il “majore”.

Per amministrare, si appoggiò a nobili locali che amministravano in maniera ingiusta. Questo fu possibile a causa della creazione delle “Liste Feudali”, di liste, cioè, di contribuenti in base al reddito, nelle quali si determinava sia il carico fiscale, sia gli esenti, che caso strano erano i nobili. I più deboli,sempre più vessati dalle imposte era sempre più intenzionato a liberarsi dal feudatario.

Quando i Borgia si estinsero, nel 1740, la società berchiddese andava mutando. Le attività manifatturiere crescevano e iniziarono a costruirsi le prime scuole e il benessere economico aumentava. Con il passaggio del feudo ai Piementel e i sempre maggiori tributi che la popolazione doveva pagare, aumentò lo scontento che sfociò nei “moti antifeudali” del 1795, per essere totalmente riscattato nel 1843.

Nel 1848, Berchidda fu inclusa nella provincia di Nuoro e in seguito in quella di Sassari; dal 2004 fa parte della provincia di Sassari un tempo Olbia-Tempio. L’economia di Berchidda è molto sviluppata, basta sull’allevamento e quindi sul settore caseario, sulla produzione del sughero e anche sulla viticultura; la Cantina sociale produce tra l’altro il Vermentino DOC e DOCG.

Negli ultimi anni, grazie anche al famoso “Time in Jazz”, creato da Paolo Fresu (che qui è nato e cresciuto), si sta sviluppando un turismo di tipo culturale, grazie anche al comune e alla comunità che ha visto in questo festival un’occasione per far conoscere questo bel paese con i suoi piccoli vicoli tortuosi e con le tipiche abitazioni monocellulari in granito.

Il paese è ben valorizzato: è stato creato un museo del vino e un enoteca regionale dove si svolgono varie iniziative, così come nel piccolo cinema e nella biblioteca; L’antico caseificio è stato riadattato e ora funziona come centro culturale. Berchidda insomma è sicuramente un posto da visitare per un sacco di motivi, innanzitutto per la cultura e la cordialità della comunità, per le bellezze del centro e del territorio circostante che si può ammirare dal Belvedere del paese poi per l’ottima cucina e il vino prelibato. Una curiosità che ci fa capire ancora di più l’animo di questo bellissimo paese: il caratteristico matrimonio berchiddese; non si fanno inviti ne si mandano partecipazioni perché tutto il paese è invitato a partecipare.

Buddusò

“Buddusò è situato in un altipiano, che verso mezzodì termina in scoscesi dirupi di granito, quindi in esposizione a tutti i venti…” Così l’Angius descriveva il villaggio nel 1800. Buddusò, il cui toponimo pare derivi da “biddisò”, cioè passero, è un paese della provincia di Sassari che sorge sull’altipiano del monte Acuto ed è famoso per il granito.

Il territorio di Buddusò era abitato da tempi antichissimi, il suo patrimonio archeologico conta numerosi nuraghi, tra cui Domos e’ Porcos e Loelle, fonti sacre, domus de janas e tombe dei giganti. Durante il periodo romano nel territorio si trovava probabilmente Caput Tyrsi, un abitato che fungeva da punto di passaggio tra Olbia e Ozieri, ma di cui non resta traccia.

Il paese, così come lo conosciamo oggi, è di origine medioevale. Appartenuto prima al giudicato di Torres, in seguito all’estinzione della famiglia Buddusò fu conteso tra Doria, Visconti e Arborea; questi ultimi alla fine ebbero la meglio, ma scoppiata la guerra tra i fratelli Pietro e Mariano d’Arborea, Buddusò subì numerose devastazioni che portarono allo spopolamento del paese.

Ai primi del’400 il paese, ancora quasi completamente spopolato, cadde sotto il dominio del visconte di Narbona che rinunciò ai propri diritti nel 1421. Buddusò entrò così a fare parte del feudo della famiglia Centelles. I nuovi signori, imponevano tributi altissimi alla popolazione, che alla fine, esasperata si ribellò, ma purtroppo la loro condizione non cambiò, anzi peggiorò con l’arrivo dei nuovi feudatari: i Borgia, che mise completamente da parte la comunità nell’amministrazione del villaggio, appoggiandosi ad alcune famiglie locali che reggevano il potere in maniera estremamente ingiusta.

Quando i Borgia si estinsero nel 1740, il feudo passò (dopo lunghe beghe ereditarie) alla famiglia Tellez-Giron (imparentata con i Borgia). I nuovi feudatari, che risiedevano in Spagna, facevano amministrare il territorio da funzionari che facevano solo il proprio interesse vessando la popolazione che prima, si rifiutò per 2 anni di pagare i tributi e in seguito, nel 1795 partecipò ai moti antifeudali.

Nel 1843 finalmente libero dal feudalesimo, divenne parte della provincia di Sassari. Da questo momento in poi si ebbe un certo slancio dell’economia producendo manufatti in lino, orbace e prodotti caseari, ma non solo, che poi venivano portati nella vicina Olbia.

Particolarmente importanti le attività legate alla raccolta del sughero e all’estrazione del granito, di cui tutt’ora Buddusò è tra i maggiori esportatori del mondo. Il centro storico del paese, con le sue case di granito a vista a un fascino particolare, i suo vicoli lastricati e le sue vie sono impreziosite da statue realizzate tra il 1980 e il 2000 da artisti internazionali giunti in paese per il Simposio del Legno e del Granito; sono presenti anche alcuni murales che raccontano la vita del paese.

Budoni

Il territorio di Budoni, è stato abitato già dal periodo neolitico e in seguito in quello nuragico, grazie alla presenza di corsi d’acqua che rendevano fertile questa zona e quindi ottimale per gli insediamenti.

Il territorio fu frequentato anche nel periodo romano: la frazione di Agrustos, che appartiene al comune di Budoni, viene identificata dagli studiosi con l’approdo di Augustus Populos. Con la caduta dell’impero romano e l’aumentare delle incursioni dei popoli barbareschi il territorio si spopolò progressivamente e solo nel medioevo ricominciò a ripopolarsi. Durante il periodo giudicale Budoni faceva parte della curatoria di Posada, del Giudicato di Gallura.

L’attuale centro, ha origini recenti ed è nato tra ‘800 e ‘900, grazie all’insediamento dei pastori che provenivano dall’interno della Sardegna e dalla Gallura, per sfruttare gli abbondanti pascoli del retroterra collinare di questo territorio.

I pastori diedero vita a degli insediamenti sparsi, alcuni dei quali in seguito sono cresciuti diventando le attuali frazioni di Budoni: tra cui la già citata Agrustos, Berruiles, Talavà, Tanaunella.

La stessa Budoni, fino a pochi decenni fa, era costituita dalla chiesa di San Giovanni Battista, il mulino, la casa cantoniera e qualche altra casa, tutte allineate sulla statale. Solo in seguito, grazie alle potenzialità turistiche che il paese, poteva avere, visto la sua bella costa, caratterizzata da spiagge alternate a scogliere e ai suoi stagni, formati dal rio Budoni, ha iniziato a espandersi e sono stati costruiti alberghi, case vacanze, locali, ristoranti e tutto ciò che ha reso Budoni una tra le mete più ricercate di questa parte della Sardegna. Ma Budoni, non vive di solo turismo, la sua economia è infatti basato sull’agricoltura e sopratutto sulla viticoltura e anche sulla pastorizia, nella zona si producono ottimi formaggi ovini e caprini.

Budoni e le sue 24 frazioni, da visitare quindi per lo splendido mare e per la sua enogastronomia, ma anche per avventurarsi in percorsi subacquei per ammirare resti punico-romani e medioevali e per vedere piccoli insediamenti sorti in epoca medievale, circondate da uno splendido territorio tipicamente mediterraneo.

Calangianus

Calangianus è un paese della Gallura, dominato dai picchi granitici del monte Limbara; circondato da una natura ricca di corsi d’acqua, olivastri secolari, vigneti e boschi di querce è “la capitale del sughero”.

Nonostante le numerose testimonianze archeologiche del periodo nuragico: il nuraghe la Pilea, Casteddu, Agnu e la tomba dei Giganti di Pascaredda.

Il centro così come oggi lo conosciamo è di origini medioevali, se ne parla infatti già in un documento del 1162. Con il toponimo di “Villa Calanjanus”, nel ‘300 appartenne al Giudicato di Gallura. Con l’estinzione dei Visconti il paese passò nelle mani dei pisani, che non ebbero buoni rapporti con la popolazione, come del resto tutte le dinastie che qui si succedettero nel potere, tra le quali i Cardona, i Doria e i Carroz.

La peste del 1376 causò numerosi morti, ma il paese rimase comunque popolato anche se in minima parte. Con la battaglia di Sanluri, Calangianus, passò nelle mani dei Narbona e in seguito, dopo varie vicissitudini e passaggi di mano entrò a fare parte del marchesato di Orani. Come molte altre zone della gallura, anche il paese e le varie cussorgie erano colpite dal terrore provocato dalle sanguinose faide tra varie famiglie.

Nel 1821 divenne parte della provincia di Ozieri e con l’abolizione di queste nel 1848 nella divisione territoriale di Sassari. Oggi, fa parte della provincia di Sassari. La particolarità di questo paese è la grande intraprendenza che i Calangianesi hanno sempre avuto. Già dall’800 si sviluppo un’industria dedita alla lavorazione del sughero che oggi ha portato il paese gallurese ai massimi livelli in campo internazionale.

A Calangianus si trova, unica in Italia, la scuola professionale del sughero, ciò a dimostrazione anche dell’importanza che ha questo prezioso materiale per il paese, che è utile non soltanto per la fabbricazione dei tappi, ma per svariati usi, che rendono ricco l’artigianato di Calangianus; con il sughero è stata prodotta anche una collezione di abiti. Oltre che per ammirare i bei manufatti in sughero, Calangianus merita una visita per il suo bel centro storico, con la sua piazza circondata da tre chiese barocche: Santa Giusta, Santa Croce, Madonna del Rosario; molto suggestivi i vicoletti dove si innalzano i bei palazzetti in granito e non ultimo la simpatia e la cordialità della gente del luogo (come del resto dell’intera isola).

Golfo Aranci

Golfo Aranci è una piccola città sul mare ricca di bellezze naturalistiche. Il suo toponimo deriva da una errata traduzione del nome con cui i galluresi lo chiamavano cioè “Golfo di li ranci” (Golfo dei granchi).

Un cartografo piemontese della fine del 1800, sbagliando ha trasformato il golfo dei granchi nel golfo degli aranci. Questo errore ha fatto si che nascessero leggende, false, su un mercantile carico di arance, affondato nelle coste del paese.

La cittadina è di origini recenti, benché siano numerosi i reperti archeologici trovati nel territorio, come il Pozzo Sacro “Is Milis”. Abitato da pastori e da qualche agricoltore, fu praticamente “colonizzato” da alcune famiglie di pescatori ponzesi, che qui costruirono le loro case.

Le vecchie case dei pescatori (tenute ancora benissimo) sono sul mare e sono tutte colorate in maniera diversa, questo perché era più facile riconoscerle arrivando sotto costa. Grazie a queste famiglie, il paese si è popolato di gente fantastica, affabile e cortese, così come sono le genti di mare. Grazie alla costruzione di un grande porto il paese ebbe un boom economico per tutto il ‘900, con l’arrivo del turismo, questo bel villaggio di pescatori è diventata una rinomata località turistica.

Questo successo lo si deve ovviamente alle sue spiagge e al suo territorio straordinario…La bellezza dell’isolotto di Figarolo, lascia incantati, ogni volta che lo si osserva: è di un bellissimo colore verde che si riflette nel cobalto del mare, è anche ricco di varie specie animali; la spiaggia di Cala Moresca è di un blu spettacolare e lo strapiombo di Cala Greca, dove si trova il “Cimitero degli Inglesi” lascia senza fiato. Guglielmo Marconi scelse Golfo Aranci, per l’esattezza il promontorio di Capo Figari, per fare i suoi primi esperimenti radio, riuscendo a comunicare fino a Punta di Papa a Tavolara.

Imperdibile anche un giro alle sue frazioni con le loro splendide spiagge: Nodu Pianu,Terrata, Marinella e Spiaggia Bianca solo per citarne alcune. Una cittadina ricca di bellezze naturalistiche e di piccole curiosità, insomma un paese da non perdere per chi visita la Sardegna.

Luogosanto

Luogosanto, Locusantu in gallurese, si trova in un territorio del tutto granitico, composto da colline che si alternano a vallate e a qualche pianura. Deve il suo nome alla numerosa presenza di luoghi di culto nel suo territorio, ma un’altra teoria sul suo toponimo ci è narrata da La Marmora nel suo “Itinerario dell’isola Sardegna”: “…Questa località è così nominata, perché essa fu un tempo abitata da due eremiti, San Nicolò e San Trano che… vi si erano stabiliti nel V sec…”.

Qualunque sia l’origine del suo nome, il paese di Luogosanto è di origine medioevale, era tra i territori che facevano parte della curatoria della Montagia nel giudicato di Gallura; fu con la conquista aragonese che iniziarono i malcontenti per la popolazione: già dall’inizio gli abitanti del luogo ebbero un atteggiamento di aperto contrasto verso i padroni che, per cercare di portare pace nel territorio, lo fecero occupare da R. Cardona e dalle sue truppe.

Nemmeno dieci anni dopo, nel 1838 Luogosanto fu ceduto come feudo a Raimondo di Senesterra che lo accorpò ad altri possedimenti che aveva nella zona. I problemi per il paese continuarono ininterrottamente fino a che nel XV sec. e il paese fu completamente abbandonato. Fu così che questo territorio, passato nel frattempo in varie mani, finì per essere amministrato dal regidor di Mandas e divenne rifugio di banditi.

Il centro si ripopolò solo nel XVII sec, quando alcuni pastori decisero di costruire alcuni stazzi cominciando a dare vita all’attuale paese. Il centro storico di Luogosanto è un piccolo gioiello gallurese in granito, è questo infatti il materiale principale nell’architettura locale: di grande sobrietà i palazzetti storici che portano impresso sul portone, l’anno di costruzione; ma sono in granito non solo case, grandi e piccole, ma anche chiese, piazze e perfino le strade del centro.

Passeggiare per il paese da un senso di pace, sopratutto quando il sole lo illumina e il granito che ci circonda splende. Tra le numerosissime chiese, la più importante del paese è la Basilica di Nostra Signora di Luogosanto edificata nel XIII sec. che dopo alcuni secoli ricevette l’onore della “Porta Santa”.

Questa, fino agli anni ’70 veniva murata, fu in seguito costruita una porta in bronzo che viene aperta ogni 7 anni per un intero anno, divenendo così meta di numerosissimi pellegrinaggi. Tra le vallate che conducono fuori dal paese sorgono 2 castelli: il castello di Balaiana e su Palazzu di Balbu (il palazzo di Re Balbo). Tra la natura che circonda Luogosanto, sul “Monte Juanni”, che sovrasta il paese, si trovano infatti le tracce di insediamenti nuragici che dimostrano che il territorio era abitato, molto prima che il paese diventasse un “Luogo Santo”.

Nuchis

A pochi Km da Tempio sorge un magnifico borgo di origine medioevale: Nuchis. Posto ai piedi del monte Limbara e circondato dalle colline granitiche ricche di boschi e macchia mediterranea questo paesino dall’architettura tipicamente gallurese è, secondo alcuni studi, di origine romana e il suo toponimo deriverebbe da “vigilae ad noctes”.

Come lo vediamo oggi è di impronta chiaramente medioevale, la tradizione infatti ne fa risalire la sua fondazione all’incirca all’anno 1000 per volere di un grande possidente. Le sue vicende storiche sono legate alle vicissitudini delle grandi famiglie che qui alternamente comandavano; fu così sotto il dominio dei Visconti, degli Arborea, dei Carroz e dopo varie peripezie ai De Silva Fernandez e quindi al marchesato di Orani.

La popolazione non vide mai di buon occhio le famiglie che qui venivano a imporre il proprio potere e i tributi che alcune volte la popolazione si rifiuto di pagare. Sopratutto nel XVII sec. il paese fu sottoposto a una forte tensione non solo per la gravità dei tributi, ma anche a causa delle faide dei pastori che vivevano nelle vicinanze.

Nel 1848 con la caduta dei feudi Nuchis entrò prima a far parte della provincia di Olbia-Tempio e successivamente in quella di Sassari. Sono molti i motivi per visitare questo stupendo paesino di poco più di 400 abitanti.

Ci si arriva da una strada circondata da una natura che emana il profumo di quest’isola selvaggia, arrivati all’interno del paese, le sue case in granito tutte addobbate con fiori lasciano a bocca aperta il visitatore.

Passeggiando tra i vicoli si possono notare ancora alcune costruzioni che lasciano trapelare l’importanza che Nuchis ebbe nella storia per la Gallura. Le chiese, ben cinque, sono tutte dei piccoli capolavori. Di grande spessore storico e culturale è il santuario di Cosma e Damiano e il suo piccolo cimitero circondati da un magnifico giardino.

Un’altra tipicità di Nuchis è che passeggiando per il borgo si può sentire il suono delle numerose sorgenti che scorrono in questo piccolo ma bellissimo angolo di Sardegna.

Oschiri

Oschiri è un paese a sud est del lago Coghinas situato su un territorio che comprende colline, valli, pianure,il lago e parte delle pendici del monte Limbara. Una zona ricchissima di bellezze naturali, ma anche di testimonianze archeologiche.

Il territorio fu abitato infatti, già dal periodo prenuragico, di cui ci restano varie testimonianze come dolmen e tombe dei giganti.

La trentina di nuraghi sparsi, dimostrano che la popolazione era distribuita in maniera equa sul territorio e che attività come allevamento e agricoltura erano le principali fonti di sussistenza; alcuni di questi, furono utilizzati anche in periodo romano; in quest’epoca, per la sua posizione, fu costruito un castrum chiamato Lugudonec, un centro che serviva per proteggere il territorio dalle incursioni delle popolazioni interne, fu utilizzato anche nel periodo bizantino per controllare i traffici tra la Gallura e il Montacuto.

Da questo centro nel medioevo si sviluppò l’attuale paese, che comunque non era esattamente situato dove vi era il castrum romano. Il nuovo abitato si sviluppò con l’istituzione della diocesi e entrò a far parte del giudicato di Torres, estinta la famiglia giudicale, Oschiri fu conteso tra Arborea, Pisani e Doria.

Con la conquista aragonese dell’isola, il villaggio nel 1339 divenne una delle tante concessioni fatte da Pietro IV a Giovanni di Arborea e in seguito fu annesso al giudicato di Arborea. Dopo la battaglia di Sanluri e la sconfitta del giudicato, il paese divenne parte del grande feudo dei Centelles, in seguito passò ai Borgia e infine alla famiglia Tellez-Giron; nel 1838 fu finalmente riscattato.

Oschiri è un bel paese, che ha conservato il suo impianto originario. Nelle vie del centro storico, si trovano le tipiche case di tipo a palattu. Numerose le chiese di una certa rilevanza storica e architettonica, sopratutto nelle campagne, come Nostra Signora di Castro: costruita in trachite rossa nel XII sec.

Nelle sue vicinanze si può vedere quel che resta della fortezza romana. Interessanti e ancora misteriose, sono le sculture rupestri di Santo Stefano, nelle campagne di Oschiri.

Padru

Il territorio di Padru è formato da colline e montagne, tra cui il Monte Nieddu, e le cime del Casteddacciu e Pedra Longa. Biasì, Sotza, Cutzola, Sos Runcos, Ludurru, Sa Serra e Sa Pedra Bianca sono i nomi delle frazioni di questo piccolo comune, nato nel 1995 dopo un referendum che ha sancito la separazione da Buddusò. Il paese si è sviluppato nella valle del rio Lerno, e benché il territorio fosse abitato già in epoca antica, il nucleo del moderno centro abitato è di epoca medioevale. Teatro di numerose invasioni, Padru fu conteso dai Doria, dagli Arborea e da chiunque, con guerre o riconoscimenti, ne entrò in possesso. Mentre i vari signorotti tentavano di accaparrarsi il territorio, la popolazione diminuì sempre più (in seguito si avrà un incremento grazie all’arrivo degli allevatori dei paesi dell’interno e soprattutto di Buddusò). Gli ultimi feudatari del territorio padrese furono, in ordine, i Borgia, i Piementel e i Tellez Giron a cui fu riscattato.

Cosa vedere?

Nonostante il centro di Padru non offra monumenti architettonici, il paese è da visitare per il suo patrimonio ambientale. A poca distanza dal centro si trova il Monte Nieddu con le sue cascate e le sue sorgenti, che si possono raggiungere a piedi o in mountain bike. Giunti alla cima del monte, si può ammirare un panorama che spazia dalle montagne del Gennargentu al mare. Nei pressi del cantiere forestale, oltre al panorama sul golfo di Olbia e sul litorale Teodorino, si può visitare una piccola casa ricavata da una roccia e, secondo la stagione, gustare i frutti di bosco.

Non deve mancare una visita anche alla bella e storica frazione di Sa Pedra Bianca, probabilmente il primo nucleo di Padru, che secondo la tradizione fu fondato da due famiglie, i Gusinu e i Muzzu, intorno al ‘700. Da questo caratteristico villaggio con le case in granito e fango si può ammirare di un panorama veramente eccezionale. Poiché la montagna è dispersiva, per visitarla, è meglio mettersi in contatto con la stazione forestale del comune di Padru (tel. 0789 45952), che vi darà tutte le indicazioni necessarie. Padru è anche famosa per il buon vino e l’ottimo cibo, per questo motivo una sosta in uno dei tanti agriturismo della zona sarà sicuramente una cosa di cui non pentirsi.

Palau

Palau è una cittadina sul litorale di fronte l’isola della Maddalena. Nonostante una leggenda narri che qui, nei pressi della roccia dell’Orso, Ulisse abbia incontrato i Lestrìgoti, il territorio di Palau, fu disabitato fino alla fine del XVIII secolo, quando venne abitato da alcuni pescatori e frequentato dai pastori che nella zona avevano le bestie al pascolo.

Il paese odierno nacque nel 1800, grazie ai maggiori traffici con l’isola della Maddalena e la necessità di una base di sosta per le merci prima di saltare il breve tratto di mare e di personale. Fu così che il primo nucleo abitativo si sviluppò intorno al porto e alla stazione a scartamento ridotto che passando per Palau collegava Sassari a Tempio.

Oltre vantare uno splendido territorio granitico dove il vento ha creato dei veri capolavori modellando le rocce e dove la macchia mediterranea colora e profuma l’intero paesaggio, Palau vanta alcuni tra i tratti di costa più belli dell’isola: l’isola dei Gabbiani e la sua splendida spiaggia con le dune, diventata il paradiso dei surfisti provenienti da tutto il mondo, che qui possono trovare i venti più propizi per cavalcare le onde; la Baia di Mezzo Schifo dove durante la II guerra mondiale fu affondato l’incrociatore Trieste e Punta Sardegna, da dove si vede un panorama che lascia senza fiato.

Qui negli anni 60 nacque Porto Raphael, un villaggio turistico esclusivo e lontano dalla mondanità della Costa Smeralda. Ma il territorio di Palau è anche ricco di monumenti come la fortezza militare costruita alla fine dell’800, la piccola chiesa campestre di San Giorgio(XV- XVI sec.), in stile gotico catalano nei pressi della quale sorge un boschetto sacro utilizzato dai nuragici per curare il corpo e l’anima, varie tombe dei giganti, tra cui quella de Li Mizzani del Nuragico medio.

Il centro del paese, caratterizzato da case coloratissime è invece di origini recentissime, oltre alcune case in tipico stile dei pescatori galluresi, che si trovano nella zona del porto, le altre sono state costruite durante il boom turistico degli anni ’60. Palau e il suo territorio è un altro luogo dove la natura si è divertita ha creare un piccolo paradiso che non finisce mai di lasciarci incantati.

Porto Rotondo

Porto Rotondo è un famoso borgo turistico, a pochi km da Olbia, compreso tra il golfo di Cugnana e quello di Marinella.

Fu nel 1964 che i conti veneziani Donà delle Rose, decisero di costruire su quella splendida insenatura, un porto e un villaggio, che potesse diventare il “buen retiro” di artisti e intellettuali. Furono proprio alcuni artisti a creare i luoghi e gli edifici più caratteristici di Porto Rotondo.

La piazzetta San Marco, il punto di incontro del borgo, è stata creata dallo scultore Andrea Cascella con l’indispensabile aiuto di alcune decine di scalpellini della Gallura, che lavorarono magistralmente il granito, che l’artista utilizzò oltre che per la piazza, anche per la facciata della chiesa di San Lorenzo, per il suo altare e per la maestosa croce.

Fu lo scultore romano Mario Ceroli a impreziosire gli interni della chiesa (che prima era vuota) con le sue sculture lignee e a costruire la torre campanaria, sempre in legno, nel 2009. Lo stesso artista realizzò la vetrata raffigurante la “deposizione di Cristo” che Ceroli dedicò alle “morti bianche”. La vetrata a sud è stata realizzata invece a Murano. Lo stesso Ceroli ha realizzato l’anfiteatro che si rifà a quelli dell’antichità classica. Classiche, per l’esattezza romane, sono anche le due colonne poste all’imboccatura della Marina di Porto Rotondo (insignita della bandiera blu d’Europa, per i porti più puliti e meglio attrezzati), trovate nei pressi del borgo.

Ma Porto Rotondo è sopratutto un fantastico mare, spiagge splendide e una natura unica. Sicuramente questo fantastico mare non ha bisogno di presentazioni, ma è giusto ricordare le bellissime spiagge di Ira, dal mare turchese, Punta Asfodelo, con l’acqua cristallina, Spiaggia Sassi e delle Alghe, entrambi vicinissime al centro abitato ed entrambe splendide e la più grande di tutte: Marinella, a 4 Km da Porto Rotondo oltre ad essere attrezzatissima è piena di piccole calette dove stare più tranquilli. Sicuramente in un viaggio in Sardegna, anche Porto Rotondo merita una visita, e di certo non solo per andare a caccia di VIP.

Porto San Paolo

Porto San Paolo è un piccolo centro balneare che con Loiri, formano il comune omonimo. Situato a circa 15 Km da Olbia, la leggenda narra che la borgata prese questo nome perché qui sbarcò San Paolo. La zona non era molto popolata perché, la costa era poco sicura a causa dei continui sbarchi barbareschi, anche la malaria fu una delle cause dello scarso popolamento; Porto san Paolo, come molte zone costiere della Gallura, era battuta solo dai contrabbandieri per i loro traffici.

Il numero degli abitanti del luogo era scarsissimo, poche famiglie che si dedicavano alla pesca e all’agricoltura, a queste ai primi del 900 si unirono i pescatori, soprattutto di Ponza che qui si stabilirono definitivamente creando una piccola comunità sardo-ponzese.

La zona di Porto San Paolo è sicuramente tra i luoghi più belli della Sardegna, le piccole cale con le sue acque limpidissime ne hanno fatto una meta turistica ambita già a partire dalla fine degli anni 70.

Il panorama che si può ammirare, con all’orizzonte l’isola di Tavolara è unico al mondo. Il momento più bello per scoprire le bellezze di Porto san Paolo è sicuramente la mattina presto. Ancora nell’aria si sente l’aria frizzantina tipica delle zone costiere e il mare è così calmo che sembra immobile. Passeggiando verso il piccolo porticciolo, si possono vedere rientrare le barche dei pescatori e chiacchierare con loro, un modo per conoscere la vita di chi ancora fa questo durissimo mestiere. Passeggiando nei piccoli sentierini che danno sulla costa, si resta ogni momento sorpresi, per la varietà della natura coloratissima, per i profumi della macchia e per gli animali che si può avere la fortuna di vedere. Porto san paolo ha anche un piccolo stagno, facilmente attraversabile.

Percorrendone la costa si arriva a una laguna; qui niente è scontato: in primis l’acqua limpida e calda, così bassa che si possono vedere benissimo i granchi, poi la natura circostante unione di macchia mediterranea e vegetazione di stagno. Le formazioni rocciose antiche, immobili, si contrappongono ai movimenti della marea che rendono questo territorio perennemente mutevole e i piccoli isolotti e le calette scompaiono nell’acqua. Un piccolo paradiso che rende la zona di Porto San Paolo ancora più bella.

San Pantaleo

San Pantaleo è un piccolo centro del comune di Olbia, posto tra le magnifiche colline granitiche della Gallura. Il paese si trova tra monte Cugnana, monte Lurisincu e monte Murvone, in una conca dove sgorga la sorgente di Beddoro, tra le migliori della Sardegna, che anticamente costituiva una zona di vita salubre e di benessere, nonostante fosse poco popolata. Già nel XVIII il territorio era abitato dai pastori che qui venivano a portare il bestiame e che in seguito decisero di risiedervi stabilmente.

Nacque così un villaggio che agli inizi del novecento, con l’istituzione della parrocchia cominciò a crescere, diventando uno dei centri di maggiore richiamo turistico per le sue bellezze paesaggistiche e per il vicino mare della Costa Smeralda, anticamente chiamata Monti di Mola, a cui Fabrizio De Andrè ha dedicato una canzone. Il paese ha il classico impianto urbanistico dei paesi della Gallura, con le tipiche costruzioni in granito e le chiesa dedicata a San Pantaleo con tre campate e una navata. Il borgo è un piccolo gioiello della Sardegna, poiché il centro è costituito da case in granito piene di fiori e piazze e stradine che permettono una bellissima visuale sui monti circostanti. Il paese, di antica tradizione agropastorale, ha sviluppato negli ultimi decenni un artigianato artistico che viene esportato in tutto il mondo. La cucina tipica è ottima e non mancano i locali per passare una serata all’insegna del relax e del divertimento.

Santa Teresa di Gallura

Santa Teresa di Gallura, Lungoni in gallurese, è la cittadina più a nord della Sardegna, sulla costa che si protrae verso la Corsica (da cui dista soli 11 miglia). Il centro abitato si trova tra due insenature: quella di porto Longone e quella di Rena Bianca.

Il territorio è ricchissimo di reperti archeologici; fu abitato già durante il periodo nuragico, di questo periodo il sito più importante è quello di Lu Brandali dove, nonostante i danneggiamenti si possono ammirare la tomba dei giganti, il villaggio e il nuraghe dal quale si poteva vedere e comunicare con gli altri nuraghi della zona. Per le costruzioni veniva sfruttato il granito di cui la zona è ricchissima. Anche durante il periodo romano la zona era largamente sfruttata per il granito, sono ancora visibili numerose cave con resti di colonne (secondo una tradizione dalla cava di Capo Testa fu estratto il granito per il Pantheon di Roma), si ipotizza per cui, che qui sorgeva la città di Tibula. Qui sorse anche Longone, che durante il periodo medioevale apparteneva al giudicato di Gallura.

Nel XIV sec fu costruito il castello di Longonsardo poi distrutto dai genovesi e sui cui probabili resti fu fatta costruire da Filippo II nel XVI sec , la torre costiera di Longone, per difendere le coste dalle numerose incursioni piratesche. Quando la Sardegna passò ai Savoia (1720) fu inviato a comandare la torre Francesco Maria Magnon che pensò alla necessità di costruire un centro abitato nelle vicinanze della torre. Grazie a dei terreni donati dalla famiglia Pes (a cui venne dato il titolo di conti) il 12 agosto 1808 si diede inizio alla costruzione di Santa Teresa, il cui nome e la sua pianta furono decisi direttamente dal Re Vittorio Emanuele I che volle chiamarla così in onore di sua moglie Maria Teresa d’Asburgo d’Este. Il centro si sviluppò notevolmente grazie al Magnon e dopo la sua morte (fu ucciso da un pastore) e da don Gavino Balata, il parroco del paese.

Nel XX sec, grazie alla bellezza del suo territorio il paese ha conosciuto un grosso incremento legato al turismo. Il centro storico, coloratissimo, conserva ancora la forma a scacchiera voluta dal Re; dalla grande piazza, luogo di ritrovo dei Santateresini, si arriva fino al lungomare e quindi alla torre di Longone, da cui si assiste a un panorama mozza fiato, in basso la bellissima spiaggia di Rena Bianca e tutto attorno a noi il mare e le coste che hanno colori splendenti. Percorrendo pochi Km dal paese, si arriva a Capo Testa, dove la natura qui ha fatto un capolavoro: i picchi granitici, scolpiti dal vento si protendono verso il mare, un mare dall’azzurro meraviglioso; poco distante sono visibilissime le coste corse e verso la terra una natura rigogliosa e splendidi animali, come le capre che, arrampicandosi agilissime sembrano le guardiane del faro, da dove restano a contemplare i visitatori e il mare.

San Teodoro

San Teodoro è un comune costiero famoso per le sue incantevoli spiagge e un mare limpidissimo. Nonostante il paese si sia sviluppato negli ultimi decenni, grazie al turismo, il suo territorio era abitato già dal periodo neolitico. Anche i toponimi di alcune frazioni di San Teodoro, ricordano questi antichi insediamenti, come “Lu Naracheddu”, cioè il piccolo nuraghe (i cui resti erano visibili fino agli anni ’50).

Anche i romani, vista la posizione di questo tratto costiero, ne utilizzarono le cale per piccoli porti, la bellissima Cala Girgolu era il Portus Gregorius; una zona strategica sia militarmente che commercialmente, tant’è che gli studiosi identificano il porto teodorino con quello della città romana di Coclearia. Durante il periodo bizantino il paese era chiamato Ofolle e lo stesso patrono del paese: il martire Teodoro, soldato romano di origine orientale, era vissuto in questo periodo. Finito il periodo bizantino, San Teodoro divenne un territorio del giudicato di Gallura. In epoca moderna il paese si popolò di genti provenienti dal sud della Corsica e dal nord della Gallura che vivevano negli stazzi. Con il boom turistico degli anni ’60 San Teodoro inizia ad acquisire quella fisionomia che ha ora, un centro più antico sviluppatosi attorno alla chiesa e alla Piazza Gallura, attorno ai quali si trovano villaggi turistici e gli innumerevoli locali per animare le notti estive.

Il territorio di san Teodoro,che si estende per più di 104 Km quadrati, comprende anche le frazioni di Budditolgiu, Capo Coda Cavallo, Straulas, Lu Impostu, Monte Petrosu, Salina Bamba, Suaredda e Traversa: piccoli agglomerati di case sia in pianura che in collina e anche una zona umida, un grande stagno alle porte del paese, che ha lo stesso nome. Le campagne offrono la possibilità di tranquille escursioni tra la natura e i bei graniti della Gallura, con piccole cascate, rii e una vegetazione tipicamente mediterranea. Quello che ha reso celebre San Teodoro, sono comunque le sue spiagge con una sabbia bianchissima di quarzo, le piccole cale e un mare tra i più belli al mondo. Il panorama che si gode dal belvedere di Punta Coda Cavallo, lascia senza fiato. Davanti agli occhi, in tutta la sua bellezza, fa mostra di se, il mare della Gallura, con Tavolara, Molara, altri piccoli isolotti e belle cale come Brandinchi.

Le spiagge del paese: La Cinta, L’Isuledda e Cala d’Ambra hanno fondali bassi e sabbiosi e un mare così limpido da non fare assolutamente invidia alle isole tropicali. San Teodoro, fa parte dell’area marina protetta di Tavolara e Punta Coda Cavallo, non bisogna quindi, solo godersi questi stupendi posti, ma anche e sopratutto preservarli e rispettarli perché questi luoghi restino incantevoli così come lo sono ora.

Telti

Telti è un paese a breve distanza da Olbia, situato su un territorio collinare ricco di sorgenti e torrenti con una vegetazione tipicamente mediterranea e massi granitici.

Il territorio fu abitato sin dal periodo neolitico, testimonianza di ciò, sono alcuni oggetti ritrovati in tafoni utilizzati per le sepolture. La zona, probabilmente anche grazie alla quantità di acque sorgive, fu abitata continuativamente anche nell’età del rame, in quella nuragica e nel periodo punico; l’esistenza di un villaggio in questa epoca (IX- III sec.a.C) è data dal ritrovamento di alcune monete. Durante il periodo romano, prende il nome (da cui deriva quello odierno) di Tertium: in questo periodo è un agglomerato di campagna alle spalle del grande porto di Olbia, protagonista di intensi traffici. Nel medioevo il paese prende il nome di “Villa Torcis”: questo è un periodo buio per il territorio a causa delle pestilenze che hanno decimato la popolazione e a causa delle incursioni saracene.

A ciò si unirono le continue guerre tra i giudici di Arborea e gli aragonesi, che portarono a un lento declino e un pressochè totale abbandono della zona. Soltanto nel 1700, la zona ricominciò a ripopolarsi grazie ad alcuni stazzi e in seguito uno slancio al ripopolamento lo diede il Vaticano quando decise di costruire in varie cussorge delle Gallura(allora disabitata) delle chiese che avrebbero attirato la gente, creando così una comunità. E così successo, che attorno alle chiese di Santa Vittoria e Santa Anatolia, nacque la Telti odierna.

Cosa vedere?

Oltre la meravigliosa natura, formata da macchia mediterranea, sugheri e lecci, nei dintorni del paese si possono ammirare due nuraghi: il “Prexona de Siana” in località Aratena e il “Puzzolu”, nell’omonima località. Il caratteristico centro storico si sviluppa attorno alla chiesa di Santa Vittoria. Da visitare anche P.zza del Duomo e la chiesa di Santa Anatolia.

Tempio Pausania

Tempio Pausania, sorge nella parte più interna della Gallura, alle pendici del monte Limbara. Il toponimo Tempio, deriverebbe dal latino “Templum”, nel senso di scarpata o pendio; l’area dove edificarono la cattedrale della città, sorse infatti a un’altezza superiore rispetto al resto del paese.

Pausania invece, deriva da Pasana, una piccola località vicina a Olbia. Il suo territorio, totalmente montuoso e collinare, ricco di corsi d’acqua è stato abitato fin dal neolitico e numerose sono ancora le testimonianze: dolmen, circoli megalitici e nuraghi, come il nuraghe Majore, tutti ben conservati. Durante il periodo romano nacque la città di Gemellae, che diede il nome al tutto il territorio.

Con l’invasione dei vandali la città perse la sua importanza e divenne un villaggio che alcuni studiosi identificano con la medioevale Villa Templi (citata già nei documenti nel 1173), che apparteneva al giudicato di Gallura. Nonostante le lotte politiche che si susseguirono in Sardegna per il potere e i vari passaggi di mano che anche Tempio dovette subire; il paese mantenne sempre un certo potere rispetto ai centri vicini, grazie alla sua posizione geografica che ne permise lo sviluppo.

Vista la sua lontananza dalle coste e quindi dalle incursioni barbaresche, il paese fu scelto come luogo sicuro dove risiedere.

Nel 1600, quando Tempio faceva parte del marchesato di Orani, fu istituito il tribunale baronale e così il paese divenne il principale centro della Gallura superiore. Quando Terranova (l’attuale Olbia), perse il suo potere, divenne residenza del vescovo e anche di numerosi nobili che iniziarono a costruire quegli splendidi palazzetti in granito, che si possono ammirare tutt’oggi. Dal XVII sec. Tempio, soprattutto nobili ed ecclesiastici, iniziò a chiedere il titolo di città, ma vista la somma richiesta dal governo, vi rinunciò. Con il passare del tempo, la posizione di Tempio si rinforzò sempre di più, diventando di fatto la capitale della Gallura. In paese furono costruite scuole e la presenza di nobili, del vescovo e di vari ordini religiosi, ne fecero un centro culturalmente avanzato, rispetto al resto della Gallura.

Nel 1836, due anni prima di liberarsi dai feudatari, ottenne il titolo di città. Nel XIX sec, la città continuò a svilupparsi grazie al granito e al sughero, che grazie alla sua lavorazione, ottenne importanza e fama in tutta la Sardegna; assieme a queste attività e a quelle tradizionali, come la pastorizia, nel corso del ‘900 si è sviluppato anche il turismo culturale e salutare.

Tempio infatti è ricchissima di acqua e fonti, la più famosa è sicuramente “Rinaggiu”, da cui sgorga un’acqua curativa nota già nei tempi antichi per le sue qualità diuretiche. I corsi d’acqua che scendono dal Limbara, che raggiunge i 1359m, confluiscono nel Liscia e nel Coghinas. Attorniato da una splendida vegetazione Tempio, nel suo centro storico, ha mantenuto l’antico aspetto con viuzze e palazzetti in granito. Piazza Gallura con il suo palazzo comunale, Piazza San Pietro con i suoi bei palazzi e il duomo, sono le parti più rappresentative della città. Non sono comunque assolutamente privi di fascino i piccoli vicoletti che vi corrono attorno.

Vaccileddi

Vaccileddi è una frazione del comune di Loiri Porto San Paolo, sulla costa nord orientale della Sardegna. Si trova a circa 20 Km di distanza da Olbia e le sue spiagge,come Porto Taverna, Punta Don Diego e Costa Dorata, sono tra le più belle di questa parte di Gallura. Il piccolo borgo era abitato da pastori che vivevano nelle poche case costruite nella zona collinare del paese, vicino la chiesetta di Sant’Antonio. Lo sviluppo turistico degli ultimi anni ha fatto si che a Vaccileddi si costruissero residence e case vacanza per chi ama la tranquillità della Sardegna e voglia trascorrere del tempo in una zona che offre delle splendide campagne e un mare spettacolare. Il turismo di Vaccileddi infatti è un turismo senza fronzoli, lontano dal caos delle città balneari più grandi, ma comunque, data la sua posizione è possibile in poco tempo arrivare nelle località più importanti come Olbia o San Teodoro. Da quest’anno, la vecchia sede, ristrutturata, della delegazione comunale di Vaccileddi, ospiterà la “Casa del Cinema” cioè la sede ufficiale del Festival del Cinema di Tavolara.