Alghero
Alghero, Alguér in catalano, è una città nel nord ovest della Sardegna posta in una magnifica posizione su uno sperone nell’omonima rada.
Il suo territorio costiero comprende la stupenda rada di Porto Conte, la Punta del Giglio e di Capo Caccia, zone di grande valore paesaggistico. Vista la sua posizione così favorevole, la zona dove è sorta Alghero fu abitata già dalla preistoria, a Capo Caccia si può infatti ancora ammirare la Grotta Verde, un sito di grandissima importanza per la storia sarda.
Di grande rilievo anche le necropoli, in primis “Anghelo Ruju” dove si trova il maggior gruppo di domus de janas (38) dell’isola; numerosi anche i nuraghi (circa una ventina nel territorio) il più importante dei quali è sicuramente il complesso di Palmavera. Il territorio fu in seguito praticamente abbandonato ed è così che nel XII sec. i Doria per ripopolare la zona fondò Alghero, che divenne velocemente un polo commerciale importante. Con la guerra tra Mariano IV e Pietro IV la città passò agli Aragonesi, in questo periodo continuò a svilupparsi ed abbellirsi: furono costruiti palazzetti di famiglie facoltose, la cattedrale in stile gotico-catalano e i suoi abitanti ottennero l’esclusiva per la pesca del corallo (per il quale ancora oggi è famosa).
Intorno al 1500 ottenne lo status di città regia e nello stesso periodo crebbe anche la sua importanza diventando il porto più importante della Sardegna. Dopo un periodo di grande ricchezza nel XVII sec. la città cominciò a decadere anche a causa della peste che dimezzò la popolazione.
Quando giunsero nel 1720, i Savoia, con vari interventi rilanciarono l’economia sviluppando sopratutto la pesca, specialmente del corallo.
Ora Alghero è una città che continua la sua tradizione marittima e che ha un grande successo nel mondo per la sua caratteristica architettura catalana oltre che per lo splendido mare e che quindi è visitata da numerosissimi turisti ogni anno.
Oltre le sue bellissime spiagge, la natura circostante e le famose grotte di Nettuno, che fanno della zona un Parco Naturalistico, la bellezza di Alghero sta anche nella sua urbanistica: le sue possenti mura di fortificazione con le sue torri, come quella degli ebrei e dello sperone, le sue porte, la cattedrale e le chiese, i suoi palazzetti e i suoi vicoli, fanno di Alghero una città godibile tutto l’anno.
Cosa visitare ad Alghero
Sono numerose le attrattive di Alghero e dei suoi dintorni, primo fra tutti il suo centro storico circondato da mura medioevali, con i nomi delle vie scritte in italiano e catalano, il suo lungomare con i bastioni e le sue torri come quella di San Giovanni e di Sant’Elmo, il Duomo, la chiesa di San Francesco, la cattedrale di Santa Maria, il palazzo vescovile e quello dei Doria.
Numerose le piazze e piazzette dove la sera si può prendere il fresco, la più centrale è piazza Sulis. Tanti anche i bei palazzetti storici, tra cui Palazzo Machin e Palazzo Simon. Nella Villa Costantino, in stile liberty, si trova invece il museo del corallo.
Nei dintorni della città non si deve perdere una visita alla Riserva Naturale di Porto Conte (1200 ettari di natura protetta, visitabile gratuitamente), alle fantastiche Grotte di Nettuno e al promontorio di Capo Caccia.
Tra le magnifiche spiagge di Alghero e del suo territorio ricordiamo: le Bombarde, il lido di San Giovanni, la spiaggia Maria Pia, il Lazzaretto. Alghero ha anche alcuni siti archeologici di estrema bellezza: la Grotta Verde, la necropoli di Anghelo Ruju e il complesso di Palmavera.
Gli amanti del vino non potranno perdere una visita alle numerose cantine produttrici di alcuni tra i migliori D.O.C e D.O.C.G.
Castelsardo
Il territorio di Castelsardo conserva i resti di varie epoche storiche: la Domus de Janas scavata nella Roccia dell’elefante, numerosi Nuraghi e i resti di un antico porto romano, chiamato Porto di Giano. Con la caduta dell’impero molti territori vennero donati alla chiesa, tant’è che venne costruita, nell’XI sec, quella che fu fino al tardo medioevo la più importante abbazia benedettina della Sardegna, a Tergu. Come la si conosce oggi, la cittadina fu fondata assieme al castello, nel 1102; in questo periodo la popolazione cominciò a trasferirsi all’interno della rocca, dotata di vasche per la raccolta dell’acqua e un approdo autonomo.
Voluta e costruita dai Doria, con il nome di Castelgenovese, data la sua posizione strategica fu un caposaldo della potente famiglia ligure, per tutto il periodo della loro dominazione, che si concluse definitivamente, dopo lunghe e sanguinarie lotte nel 1448, quando fu conquistata dagli aragonesi e prese in seguito il nome di Castellaragonese. Entrando a fare parte dei possedimenti della corona, divenne una della sette città regie della Sardegna, godendo di numerosi privilegi.
Nel ‘500 divenne sede della diocesi di Ampurias. Nonostante il ruolo di piazzaforte per tutto il periodo moderno non ebbe attacchi e le carte del periodo raccontano la vita di molti centri abitati in quegli anni: calamità, peste, ricorrenze religiose e feste per i regnanti. Nel 1767, sotto il dominio sabaudo, il paese prese l’attuale nome Castelsardo.
Il paese cominciò a perdere l’importanza di roccaforte che aveva rivestito, fino a quel periodo, intorno a metà 800 e iniziò uno sfacelo sia architettonico (testimone ne fu la Marmora), che culturale. Per fortuna è ormai stata fatta una grande opera di restauro dell’antico borgo che è inserita nel circuito de “i borghi più belli d’Italia” e “Village terraneo” (internazionale).
La bellezza di questo paese è tale, che chiunque dovrebbe visitarlo almeno una volta; lo splendido tramonto sulla rocca, che si vede arrivando dalla strada che unisce Sassari a Castelsardo (dopo una curva che svolta a destra attorno a una roccia) lascia assolutamente senza parole. Unico è anche il panorama che si vede dalla parte più alta della roccaforte,nelle giornate limpide si possono vedere le coste della Corsica e dell’ Asinara.
Cosa vedere
Castelsardo e il suo territorio, offrono ai visitatori, un’ampia scelta di attrattive sia di tipo archeologico-artistico, che naturalistico.
Il centro storico è di indiscutibile bellezza, meritano una visita: il Castello dei Doria, la Cattedrale di S.Antonio Abate, la torre costiera di Frigiano, l’Episcopio cinquecentesco e la Chiesa medioevale di Santa Maria delle Grazie.
Tra i musei più importanti della cittadina troviamo quello Diocesano d’Arte Sacra Maestro di Castelsardo e il Museo dell’Intreccio Mediterraneo. Chi ama l’archeologia, può cimentarsi nella visita dei siti della zona: il nuraghe Paddaggiu (degli altri, circa una ventina, ne restano solo delle parti), Cala Ostina e i resti della fortezza nuragica, la Domus di Scala Scoperta, la Roccia dell’Elefante dove vi sono state scavate due Domus de Janas.
Le spiagge di Castelsardo sono: la Marina, Punta Tramontana e Lu Bagnu, non c’è bisogno di dire che sono tutte splendide e con un mare incantevole. Castelsardo fa parte de “I borghi più belli d’Italia” e le sue spiagge sono Bandiera Blu(la certificazione della qualità ambientale).
Monteleone Rocca Doria
Monteleone Rocca Doria è un piccolo paese nella provincia di Sassari. Sorge su un rilievo di tufo calcareo sotto il quale scorre il fiume Temo. Benché il territorio fu abitato fin dal periodo nuragico, è nel medioevo che la zona conobbe il suo splendore. Il villaggio fu infatti fondato, nel XIII sec, dai Doria attorno al castello che costruirono sul costone. Quando i Doria dichiararono guerra all’autorità reale ne fecero la loro roccaforte, ma in seguito a diverse battaglie la popolazione fu sterminata.
Monteleone Rocca Doria, passò in varie mani, sempre tornando però ai Doria: a Brancaleone e al figlio Nicolò; contro quest’ultimo però (poiché cercava di fomentare la guerra contro gli aragonesi), visto come ostacolo di una ripresa economica, fu organizzata una spedizione che si concluse con la distruzione del castello. Solo un secolo dopo Bernardo Simò ne acquistò quello che restava e alcuni territori adiacenti, per favorire il ripopolamento. In breve tempo il villaggio riprese a vivere, grazie a coloro che per sfuggire alle incursioni barbaresche vollero spostarsi nell’entroterra.
Estinti i Simò Montelone Rocca Doria passò ai Carrillo, in seguito con un asta se lo aggiudicarono i Rocamarti per poi passare ai Brunego e infine a Giovanna Carcassona, fino al 1839 quando sì riscattò dalla presenza feudale.
Cosa vedere
Monteleone Rocca Doria è un paese ricco di testimonianze storiche, senza ombra di dubbio uno dei motivi per vistarlo sono le rovine del castello dei Doria, andato distrutto nel 1436; di grande interesse è anche la conformazione del paese che conserva l’aspetto della fortezza. Tra i monumenti da ricordare sono la chiesa di Santo Stefano e quella di Sant’Antonio Abate.
Nel paese si trova anche un museo particolare quello della panificazione. Numerosissime le testimonianze archeologiche: i nuraghi Mannu, Badde Janna, Su Nie, Funtana Calvia; le domus de janas di Furrighesos e infine “Sa Tanca e sa Mura”: unico inpianto punico abitato del nord Sardegna e uno dei pochi nel Mediterraneo.
Il sito è visibile solo nei periodi di secca, poiché è sommerso dalle acque del bacino dell’alto Temo. Per gli appassionati della natura, il territorio che circonda Monteleone Rocca Doria, offre degli scorci di grande suggestione come il cucuzzolo calcareo di Monteleone.
Le numerosi sorgenti e i boschi ne fanno l’habitat naturale per cinghiali, ricci, martore…e tra i tanti volatili il re: il grifone.
Ozieri
La cittadina di Ozieri, nella provincia di Sassari, è un importante centro del Logudoro. Già dal periodo neolitico, fu una località che veniva favorita per gli insediamenti, grazie alla presenza di grotte naturali e una posizione predominante sul territorio. Nella grotta di San Michele(scoperta nel 1914) sono state trovate pregiate ceramiche risalenti al neolitico. La zona, frequentata fin da epoche remotissime è la culla della cosìdetta “Cultura di Ozieri” (3500-2700 a.C.), che si è espansa in tutta la Sardegna ed è una delle più importanti del Mediterraneo, per quanto riguarda quel periodo storico. Sono numerosi anche i reperti che riguardano il periodo nuragico, sono numerosissimi i nuraghi che si trovano nelle campagne, tra i quali: Burghidu, Sa Mandra ‘e Sa Jua, su Nuraghe, Bisarciu, Columbos; numerose anche le tombe dei giganti e pozzi sacri, che stanno a dimostrare la continuità degli insediamenti. Durante il periodo romano, divenne un punto centrale delle comunicazioni tra le strade che univano Karalibus (Cagliari) a Olbia e Turrem (Porto Torres), di questo periodo restano numerose pietre miliari e il ponte chiamato “Pont’ezzu”.
Durante il periodo medioevale diventa uno tra i centri politicamente più importanti in Sardegna e per questo conteso tra le varie famiglie che volevano impadronirsi di questo territorio. La sua importanza aumenta, sopratutto durante la dominazione spagnola, quando vi si stabilirono numerose famiglie nobiliari dedite all’allevamento di bestiame.
Con l’istituzione del regno Sardo-Piemontese, Ozieri diviene capoluogo di provincia, sede del tribunale e del vescovado e deposito Reale per l’allevamento dei cavalli (ancora oggi la cultura di questo animale è ben radicata nel paese, nella piccola frazione di Chilivani, si trova il più importante ippodromo della Sardegna). Ozieri con la nascita dello stato Italiano, mandò come proprio deputato in parlamento Giuseppe Garibaldi, che realizzò numerose opere per il paese.
Ozieri ha una particolare forma ad anfiteatro, è stata costruita su un pendio collinare che si apre sulla famosa piana di Ozieri, che è attraversata dal Rio Mannu. Facendo una passeggiata nel centro cittadino e nei vicoli (molti dei quali sono scalinate), si possono ammirare i bei palazzetti storici e le numerose e pregevoli chiese; il duomo, con le sue forme neoclassiche ha un’enorme scalinata che conduce all’ingresso.
Nel ‘500 al centro dell’abitato, fu costruita per volere del governatore del Montacuto, Giovanni Castelvì, la monumentale “Fontana Crixoni”, ristrutturata nel 1882. Oltre il suo patrimonio architettonico e culturale, Ozieri è da visitare per la sua ottima cucina e i suoi gustosissimi dolci e l’ottimo pane.
Cosa vedere
…Facendo una passeggiata nel centro cittadino, attraverso i vicoli(molti dei quali a gradini), si possono ammirare i palazzetti in stile spagnolo e neoclassico, con le caratteristiche “altane” cioè le terrazze chiuse da colonnati. Tra le numerose chiese sono da citare la chiesa e il convento di San Francesco(XVIsec.), la chiesa di San Nicola(XIII sec.) e il duomo in stile neoclassico con un’enorme scalinata che conduce all’ingresso.
Da vedere anche la monumentale “Fontana Grixoni”, costruita nel ‘500 per volere del governatore del Monteacuto, Giovanni Castelvì, e ristrutturata nel 1882. Alcuni degli antichi edifici del centro storico sono ora diventati musei: il Museo d’Arte Sacra, il Museo dell’Arte Molitoria, il Museo della Panificazione, il Centro di Documentazione della Lingua Sarda e il Museo Archeologico, sito nell’antico convento delle Clarisse: un edificio di grande pregio architettonico.
Poco distante dal paese si possono ammirare le Grotte di San Michele, insediamenti di età neolitica (dove sono stati rinvenuti dei manufatti in ceramica, ora al museo archeologico, risalenti alla cosìdetta cultura di Ozieri, 3.500-2.700 a.C.), vari nuraghi nuraghe tra cui Sa Mandra ‘e Sa Jua, il ponte romano detto “Pont’Ezzu” e la Basilica di Bisarcio, una bellissima chiesa romanica (XI sec.).
Oltre il suo patrimonio architettonico e culturale, Ozieri merita una visita per la sua ottima cucina, il suo famoso pane e i dolci.
Pattada
Pattada, paese del Logudoro, nella provincia di Sassari, si trova nella regione storica di Montacuto. L’origine del suo toponimo si pensa derivi da un patto (da cui Pattada) fatto dai vari centri del territorio per aumentare la propria influenza e il proprio potere nella zona, unendosi tra loro. A questo patto non partecipò Bantine, che ancora oggi esiste e si trova a pochi chilometri da Pattada.
Il territorio pattadese è abitato da periodi remotissimi, prova ne sono i numerosissimi nuraghi, tra cui il Lerno (sulle rive del lago omonimo), le tombe dei giganti e le muraglie megalitiche. Il paese attuale, secondo gli studiosi, è di origine altomedioevale; le sue vicissitudini sono quelle di molti altri paesi della Sardegna passati nelle mani di varie famiglie: nel caso di Pattada in quelle dei Doria, dei Narbona, dei Centelles, fino a quando, gli abitanti stufi dell’amministrazione che gli vessava, nel 1458, decise di ribellarsi. Per ristabilire la calma fu necessario l’intervento del vicerè, che fece amministrare il paese da un regidor.
Quando la famiglia Centelles si estinse, il villaggio passò nelle mani dei Borgia e le cose continuarono a peggiorare, l’autonomia della comunità diventò minima e iniziarono anche delle contese tra pastori, per motivi di pascolo. Nel XVIII sec. Pattada passò prima ai Piementel, poi ai Tellez Giron, che mantennero il potere fino al 1839, anno in cui il feudo fu riscattato.
Gli abitanti di Pattada, si ribellarono spesso ai padroni e ai tributi sempre più gravosi e per due anni si rifiutarono di pagarli. Con la fine del periodo feudale e l’arrivo dei piemontesi, le cose non migliorarono, come del resto in tutta l’isola; da questo periodo in poi, la storia di Pattada segue quella del resto della Sardegna, fino ai giorni nostri.
Cosa vedere
Il centro storico…case a palattu (a palazzo), con le caratteristiche persiane fornite di “isperaglias”,cioè piccole finestrelle. Molto belli anche le decorazioni delle chiavi di volta dei portoni. L’architettura del paese è varia, oltre le caratteristiche case in granito, si possono ammirare palazzetti liberty, come la casa comunale, chiamato in passato “Su Palattu e Manuelle” e costruzioni di epoca fascista.
L’architettura religiosa consta di varie chiese di diverse epoche tra cui: la chiesa di Santa Sabin a(la parrocchiale), di epoca cinquecentesca in stile tardo aragonese e la chiesa del Rosario (in origine dedicata a San Salvatore) in stile tardo gotico-aragonese. Sempre nel centro storico si può visitare il museo del coltello, è infatti Pattada il paese sardo capitale dei coltelli a serramanico, noti come “resolzas”.
Gli artigiani pattadesi sono anche famosi come intagliatori e liutai. A pochi km dal paese si può visitare il nuraghe Lerno, che si trova nell’invaso artificiale omonimo. Oltre il nuraghe si può scorgere anche un antico abitato.
Parte del nuraghe e del sito sono stati inondati con la creazione del lago e ciò lo rende di grande fascino, così come tutto il territorio circostante caratterizzato da querce da sughero e ginepri.
Passeggiando in questi luoghi tra laghetti artificiali e sorgenti, si possono ammirare animali selvatici e se si è fortunati avvistare i mufloni e l’aquila reale.
Perfugas
Perfugas è un paese nel nord della Sardegna in provincia di Sassari, situato al centro di una pianura fluviale delimitata da morbide colline. Il territorio fu abitato fin dal periodo paleolitico e i siti archeologici sono di importanza eccezionale per lo studio di questo periodo storico in Sardegna.
Dal periodo nuragico in poi fu abitato in maniera continua e nel medioevo si hanno le prime notizie di Perfugas come centro abitato. Faceva parte del giudicato di Torres, per poi passare ai Centelles e in seguito ai Borgia, ai Pimentel e infine ai Tellez Giron cui fu riscattato nel 1839. Il paese conserva ancora numerosi edifici medioevali, come la Chiesa di Santa Maria di Perfugas del XII sec. e la Chiesa di Santa Maria degli Angeli del XV sec. Ma in una visita a Perfugas non può assolutamente mancare un giro tra le bellezze archeologiche prenuragiche e nuragiche: il sito di Rio Altana dove furono rinvenuti più di 1000 reperti risalenti a 150.000 anni prima di Cristo, il sito di Concas cioè una domus de janas detta dell’ariete per le incisioni interne, che si distingue dalle altre dell’isola che rappresentavano tori. Numerosi poi i nuraghi, tra cui Lepori, La Radda e Ruju. Di notevole importanza anche il sito di Pedrio Canopoli, situato al centro del paese, gli scavi qui misero in luce un tempietto nuragico e infine la fonte sacra Niedda, risalente sempre al periodo nuragico e scoperta solo nel 1980. Perfugas è anche provvisto di un Museo Civico Archeologico-Paleobotanico.
Ploaghe
Ploaghe è un paese del Logudoro, in provincia di Sassari, che sorge alle pendici di un vulcano spento: il San Matteo.
Il paese fu fondato dai romani che gli diedero il nome di Plubium, distrutto dai vandali fu però subito ricostruita con il nome di Ploarca, da cui deriva Ploaghe. Nel medioevo apparteneva al giudicato di Torres per poi essere incluso nel feudo dei Malaspina. Nel frattempo divenne sede vescovile e acquisì sempre più importanza, ma le lotte tra i vari signorotti arrecarono grossi danni al paese che iniziò a decadere.
Nel 1420 il feudo passò ai Montanans e poi, estinta la famiglia, passo al ramo sassarese della famiglia Castelvì per poi essere il centro di una lunga lite per la successione; conclusa la lite a favore dei Castelvì di Laconi, non si concluse l’inesorabile decadenza del paese fino al XVII sec. quando Ploaghe divenne sede del tribunale baronale. Con lo sviluppo dei poteri feudali e la residenza del fattore baronale, il paese perse la sua autonomia e la popolazione prese parte ai moti antifeudali a cui seguì una dura repressione.
Con l’estinzione dei Castelvì, Ploaghe fu nuovamente il centro di una lite per la successione che si concluse a favore degli Aymerich che tennero il feudo fino all’estinzione del 1838 quando entrò a far parte della provincia di Sassari.
Ploaghe conserva ancora il suo patrimonio storico: si possono ancora ammirare le sue antiche case in pietra dette a “palattu” e le sue numerose chiese di valore non solo religioso ma anche storico e artistico, come la parrocchia di San Pietro di fattura barocca con due oratori, quello di Santa Croce del sec. XVI e quello del Rosario del sec. XVII, la chiesa tardogotica di S. Timoteo e la pinacoteca dedicata al canonico letterato, archeologo e collezionista Giovanni Spano.
Il paese è conosciuto in Sardegna anche per il suo “camposanto vecchio” le cui lapidi sono in sardo logudorese ed è il più antico monumento cimiteriale dell’isola.
Nel suo territorio si possono ammirare numerose testimonianze archeologiche sopratutto di età prenuragica, tra cui le domus de janas di Monte Pertosu, di Cantarisone e Giogante. Del periodo nuragico restano a testimonianza 23 nuraghe: Mandras, Ascusa, Attentu e Funtana de Pedra sono solo alcuni.
Nei dintorni del paese non mancano le bellezze paesaggistiche come il monte Santa Giulia meta di escursionisti.