Area archeologica di Tharros

Tharros, fu fondata dai fenici alla fine dell’VIII sec a.C. sulla penisola del Sinis. L’area era comunque già abitata in epoca più antica, ne sono una testimonianza i resti di un villaggio nuragico nell’area di Muru Mannu. Del periodo fenicio, popolo di mercanti, resta ben poco: l’impianto del tofet, cioè del tipico santuario a cielo aperto e il primo impianto delle necropoli di Capo San Marco e San Giovanni.

Il santuario del tofet, dove venivano poste le urne con le ceneri dei bambini morti piccolissimi, fu costruito nella zona dove sorgeva il villaggio nuragico ormai abbandonato. Come tutte le città fenicie la costruzione di un tofet era contemporanea a quella della città stessa.

Le popolazioni delle zone vicine e i mercanti fenici, intessevano rapporti commerciali, che ben presto resero la città ricca, sia culturalmente che economicamente. Ma fu solo con la conquista punica nel VI sec a.C che la città di Tharros divenne una delle più importanti della Sardegna. E sotto Cartagine che Tharros acquisisce quell’aspetto monumentale, testimoniato dalle grosse fortificazioni murarie, che manterrà anche in seguito.

La crescita del potere politico e economico, è testimoniata dai resti di corredi funerari rinvenuti, nelle tombe (purtroppo danneggiate pesantemente dai tombaroli), delle necropoli utilizzate anche dai fenici, che in questo periodo ebbero un grosso sviluppo con la costruzione di tombe a camera e a fossa quadrangolare. Del periodo punico rimane anche il cosidetto “Tempio Monumentale” di cui resta un alto basamento scavato nella roccia e decorato con semicolonne doriche scolpito in rilievo.

Con la fine della prima guerra punica (238 a.C) e la conquista romana della Sardegna, Tharros ha una risistemazione urbanistica importante. Passeggiando per Tharros si possono ancora ammirare i resti delle opere pubbliche costruite dai romani, la rete viaria è tutt’oggi ben distinta: il decumano massimo, la strada dove circolavano i mezzi pesanti reca nel basalto i solchi dei carri, vi era poi il cardo massimo, cioè la via principale, al centro della quale, si può notare il grosso impianto fognario che costruirono.

Gli scavi di Tharros, hanno portato alla luce, grandi opere pubbliche come le 3 terme, l’acquedotto e il castellum acque, una grossa vasca con sistema di filtraggio, dove la popolazione, attingeva l’acqua. Ma forse quello che più affascina lo spettatore sono le due colonne del tempio tetrastilio che dava sul mare. Le due colonne in marmo che si innalzano bianche, rendono il panorama, formato dall’antica città e dai colori della natura, ancora più spettacolare. In una città, non potevano mancare le case, ancora ben distinguibili, attorno agli edifici pubblici. Gli spazi minori venivano utilizzati spesso in altezza costruendo dei soppalchi.

Tra le soglie e le strade si può notare ancora la distanza che intercorreva. Questo spazio, secondo gli archeologi, veniva utilizzato come porticato dove esporre la merce. Quasi tutte le abitazioni sono dotate di cisterne, dette per la forma, a bagnarola. Ciò che si può oggi ammirare e quello che ancora resta non scavato, ci danno l’idea dell’importanza di questa città. Si pensa che Tharros, durante il suo periodo più fiorente, raggiungesse i dieci mila abitanti.

Con la conquista vandalica e il successivo arrivo dei bizantini, gli edifici pubblici come le terme vengono trasformati. Nelle terme uno, fu impiantato un battistero paleocristiano di cui oggi resta il fonte battesimale. Nel 1070, Tharros, divenuta prima capitale del regno di Arborea, venne abbandonata. Fu costruita una nuova città: Oristano, che secondo il detto:  “e sa cittad’e Tharros, portant sa perda a carros”, fu edificata con le pietre della città di Tharros.